Il 27 novembre prossimo è una giornata importante: presso l'ex Palazzo delle Poste di Bari, si svolgerà un convegno diviso due sessioni, mattutina e pomeridiana: i temi, al centro del dibattito, saranno quelli del "Mesotelelioma pleurico... una battaglia da vincere" e "Inquinamento da amianto... una battaglia da vincere".
Il convegno di carattere medico scientifico offrirà la possibilità di ascoltare le esperienze, tra gli altri, di Bruno Pesce e Nicola Pondrano. Rispettivamente coordinatore dell'Associazione Famigliari Vittime Amianto di Casale Monferrato (Alessandria) e Nicola Pondrano presidente del Fondo Vittime Amianto.
Di seguito pubblichiamo l'intervista a Andrea Prandstraller, uno dei due registi del documentario "Polvere - Il grande processo dell'Amianto", già pubblicata su www.vglobale.it.
Sguardi tristi e arrabbiati
ma pieni di voglia di giustizia costituiscono il panorama umano contenuto in
"Polvere - Il grande processo dell'amianto", documentario di Andrea
Prandstraller e Nicolò Bruna. L'epicentro del lavoro è Casale Monferrato e il
processo celebrato presso il Tribunale di Torino giunto alla sentenza di primo
grado il 13 febbraio 2012. In occasione di Eternit(à), evento organizzato
a Bari dal Comitato Fibronit Cittadino e dall’Associazione Famigliari Vittime
Amianto, abbiamo incontrato uno dei due registi.
A
cura di Vito Stano
Questo
documentario ha raccontato un processo che è stato un spartiacque, cosa ha
comportato per lei realizzare questo lavoro?
È stato un lavoro molto
lungo ci abbiamo messo (assieme all’altro regista Nicolò Bruna, ndr) circa
quattro anni e mezzo da quando abbiamo preso i primi contatti con il comitato
vittime di Casale Monferrato; un anno di riprese e cinque mesi di montaggio.
Insomma è stato un lavoro duro che ha comportato una grande soddisfazione dal
punto di vista umano, perché quando si entra in contatto con persone che hanno
una straordinaria dignità nel vivere il proprio dolore e l’ingiustizia che
hanno subito per un documentarista diciamo che è la ricompensa più grande che
si possa avere.
Questo documentario, che è
stato prodotto da tre televisioni europee che sono la televisione belga di
lingua francese la Rtbf, la Tsi che è la televisione svizzera di lingua
italiana e Artè che è la televisione culturale franco-tedesca, non ha trovato
nessuno sbocco televisivo in Italia, nel senso che nessuna rete pubblica o
privata l’ha voluto acquistare e mandare in onda. “Polvere” ha partecipato ha
moltissimi festival di documentari all’estero vincendone parecchi, da Rio de
Janeiro a Bagdad; abbiamo fatto proiezioni negli Stati Uniti d’America, in
Irlanda, in Francia e in purtroppo in Italia non siamo riusciti a farlo
arrivare al grande pubblico.
Questo
denota la chiusura di un certo sistema italiano?
Sì, secondo me denota una
scandalosa chiusura, non perché sia il mio film, e oltre alla chiusura di tipo
culturale, cioè la convinzione che alla gente non interessi niente di queste
cose, c’è anche una cecità di economico secondo me, nel senso che quando il 3
febbraio 2012 c’è stata la sentenza Eternit (sentenza di primo grado emessa dal
tribunale di Torino, ndr) tutti i grandi giornali italiani hanno titolato in
prima pagina “Sentenza eternit" o "Sentenza storica”; quindi presumo che se la
Rai l’avesse acquistato e l’avesse mandato in onda anche alle undici di sera mezzo
milione di telespettatori lo tirava su lo stesso.
Se
paradossalmente la Rai lo avesse per denaro…
Paradossalmente se l’avesse
fatto semplicemente per denaro secondo me sarebbe stato un buon investimento,
che tra l’altro costava poco. Ma non fanno neanche quello, sono totalmente
avulsi dalla realtà, sono autocensurati. Non conoscono la realtà del Paese se
non quella filtrata attraverso i loro occhi distorti, per cui bisogna proporre
solo programmi di intrattenimento più o meno idioti . È una cosa
sconfortante.
24.11.2012
Vito Stano
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