sabato 27 novembre 2010

Nucleare sì o no, opposte tesi a Bari

Si sono confrontati il prof. Franco Battaglia, docente all'Università di Modena, il prof. Luigi Paganetto, già presidente Enea e docente all'Università Tor Vergata di Roma, l'ingegner Domenico Di Paola, amministratore delegato di Aeroporti di Puglia

Di convenienza economica del nucleare si è parlato a Bari ieri sera presso Santa Teresa dei Maschi, dove si sono confrontati il prof. Franca Battaglia, docente all'Università di Modena, il prof. Luigi Paganetto, già presidente Enea e docente all'Università Tor Vergata di Roma, l'ingegner Domenico Di Paola, amministratore delegato di Aeroporti di Puglia. L'incontro organizzato dall'associazione Ambiente Puglia è stato coordinato da Giovanni Valentini, giornalista de «La Repubblica».

Al centro della discussione la convenienza o meno, in termini economici, di investire e realizzare oggi centrali nucleari in Italia. Le posizioni espresse dai relatori, per quanto autorevoli e fondate su dati certi, hanno comunque alimentato la spaccatura tutta italiana tra «guelfi e ghibellini», come rileva Giovanni Valentini.

Il prof. Paganetto, nuclearista convertito, asserisce la non convenienza oggi di costruire centrali nucleari in Italia, per diversi motivi, tra i quali la non convenienza per i privati (soltanto in due casi al mondo attualmente gli investitori sono privati) di imbarcarsi in una avventura imprenditoriale incerta, com'è quella della produzione e vendita di energia da nucleare, a causa dei costi di costruzione dell'impianto e soprattutto dei costi di sistema molto alti.

Dunque gli alti costi, secondo il prof. Paganetto, pongono l'investimento impraticabile a patto che di centrali se ne costruiscano un numero rilevante (si parla di venti, almeno) tale da costituire un sistema energetico basato sulla produzione di energia elettrica da nucleare.

La posizione del prof. Battaglia è salda sul fronte pro nucleare, egli edifica la sua tesi sulla necessità di costruire centrali nucleari per produrre l'energia elettrica di cui il Paese ha bisogno, soppiantando gli impianti di produzione di energia elettrica da gas, che risultano costosi e di cui l'Italia, pare sia, uno dei pochi Paesi al mondo a produrre energia elettrica in grande quantità utilizzando come materia prima il gas (si è parlato di 55% della produzione totale).

Il prof. Battaglia prova, inoltre, a sfatare quello che per molti è il sogno, che specie in Puglia va realizzandosi, delle rinnovabili, portando all'attenzione della platea numeri che danno l'idea della scarsa incidenza delle rinnovabili (fotovoltaico ed eolico) sulla produzione totale di energia elettrica. Oltretutto i costi di installazione degli impianti fotovoltaici o eolici sono notevolmente superiori rispetto ai costi di costruzione di una centrale nucleare, che ha, peraltro, la peculiarità di produrre energia sempre, senza interruzioni dovute agli agenti atmosferici.

L'ingegner Di Paola fa un ragionamento improntato sulla convenienza commerciale di costruire centrali nucleari in Puglia, che negli ultimi anni ha investito non poche risorse sulla promozione del turismo. Dunque l'ad di Aeroporti di Puglia, presupponendo che chi governa deciderà a prescindere dall'esito delle discussioni più o meno scientifiche che si promuovono in tutta Italia, è convinto che un Paese deve darsi una «missione» e su questa ragionare di conseguenza. Se la prospettiva è quella di investire nel turismo che si investa, se la prospettiva è di investire nella produzione di energia elettrica da nucleare che si investa nella costruzione delle centrali.

Queste decisioni comportano investimenti che andrebbero in due direzioni opposte, ma entrambe, conclude l'ingegner Di Paola, «degne poiché porterebbero alla creazione di posti di lavoro e quindi di sviluppo del territorio».

Quindi ai governi l'ardua scelta di investire sul futuro del Paese, valutando con ponderazione i pro e i contro, che non riguardano soltanto la convenienza economica, di cui gli illustri relatori hanno parlato, ma anche l'opportunità di preservare l'ambiente (non si è fatto nessun cenno alle scorie) e la salute dei cittadini (qualcuno parla anche di incidenza di malattie gravi nei pressi di centrali).

di Vito STANO
pubblicato su vglobale.it il 27 Novembre 2010

giovedì 18 novembre 2010

Il Parco come laboratorio di sviluppo sostenibile

Escursionismo e promozione di prodotti agricoli del Parco certificati, questa la strada da seguire per lo sviluppo del territorio murgiano, ricalcando i percorsi virtuosi di Parchi Naturali, che hanno fatto la fortuna di territori e residenti.

Dunque progetti di conservazione e rilancio sostenibile sono arrivate nella serata di ieri a margine di una conferenza, tenutasi presso la sala consiliare del Comune di Gravina in Puglia, in provincia di Bari, dal titolo Parchi naturali: una opportunità di sviluppo, alla quale hanno dato il proprio contributo amministratori locali e rappresentanti di categoria.

L'esperienza di sviluppo che ha caratterizzato il Parco Naturale delle Dune Costiere e il territorio agricolo circostante è stata al centro della discussione: l'appassionato racconto del presidente Gianfranco Ciola ha stimolato gli altri relatori e, soprattutto, il direttore del Parco Nazionale dell'Alta Murgia Fabio Modesti, il quale dopo aver fatto dei distinguo tra le diverse aree pugliesi, ha enumerato i percorsi, intrapresi dall'ente Parco, finalizzati alla promozione turistica.

Seminari, escursioni e visite guidate sono le proposte che l'Officina del Piano ha realizzato per informare e formare prima di tutto i residenti delle cittadine rientranti nel perimetro del Parco dell'Alta Murgia, la cui completa realizzazione si scontra con le problematiche legate alla forte presenza antropica, oltre che alla crisi del comparto agricolo.

Indubbiamente la spinta propulsiva di cui ha bisogno non solo il Parco Nazionale dell'Alta Murgia ma anche il Parco nazionale del Gargano, recentemente commissariati, non potrà concretizzarsi in sviluppo turistico o agricolo finché i protagonisti non armonizzeranno le azioni individualmente propugnate.

di Vito STANO
pubblicato su vglobale.it il 17/11/2010

sabato 13 novembre 2010

L'Italia sotto l'acqua


Ancora acqua, ancora vittime. Il territorio italiano violato per decenni sempre piu' spesso non regge piu' la potenza delle piene dei fiumi, ingrossati dalle piogge e condannati a distruggere il paesaggio e la gente che vi abita.

Il giorno dopo la macchina della protezione civile è pronta ad intervenire, ma per quanto ancora la gente potrà sopportare queste tragedie, che palesemente non conoscono confini regionali, ma travolgono indistintamente aree del profondo e martoriato Sud e del pianeggiante Nord est d'Italia.

Il problema è serio e non piu' prorogabile, occorre una programmazione a lungo termine che metta in sicurezza un territorio caratterizzato da un alto rischio sismico, idrogeologico e idraulico, vulcanico. Si tratta, peraltro, dello stesso territorio, vittima degli abusi che l'uomo ha perpetrato nel tempo, quasi immune alle forme di intervento emergenziale del giorno dopo.

Pertanto è necessario che il Governo rimoduli la scaletta delle priorità, mettendo al primo posto la tutela del territorio nazionale, altrimenti l'Italia intera rischia di crollare sotto il peso dell'acqua e dell'incuria così come è successo alla Casa dei Gladiatori a Pompei.

13/11/2010
di Vito STANO

martedì 9 novembre 2010

Un futuro sociale per le masserie

La nuova frontiera dello sviluppo rurale si chiamerà masseria sociale, che fa il paio con le già navigate masserie didattiche, dove s'insegnano le conoscenze e il sapere della campagna a scolaresche o altri soggetti interessati ad apprendere saperi e fatiche di una cultura antica.

«È doveroso cominciare a parlare di campagna, non in termini di arretratezza rispetto alla città, ma in termini di diversabilità (così come per le persone), poiché i due paradigmi rurale e urbano si sono sviluppati in direzioni diverse, e non già considerando il primo eterno inseguitore del secondo».

Con questo concetto, espresso dalla neuropsicologa Maria Teresa Angelillo durante il convegno «Il sociale per lo sviluppo rurale», si approda quindi a riconsiderare ciò che la campagna ha da offrire alle fasce deboli della popolazione, proprio in virtù delle caratteristiche stesse del territorio rurale: lentezza e solidarietà, calore e colori garantiti dall'alternarsi delle stagioni.

All'interno del soleggiato quadro rurale del sud-est barese sabato mattina si è tenuto, presso la sala convegni del Foro Boario a Noci, in provincia di Bari, un convegno dal titolo curioso e dagli sviluppi potenzialmente innovativi: Il sociale per lo sviluppo rurale. Erano presenti Stefano Genco, presidente del Gruppo d'Azione Locale «Terra dei Trulli e di Barsento», Piero Laterza, presidente dell'Associazione Produttori Agricoli della Puglia, Antonio Lia, presidente dell'AssoGal, Piero Liuzzi, Sindaco di Noci, Stefano Mastrogiacomo, Autorità di Gestione Psr - Regione Puglia, Maria Teresa Angelillo, neuropsicologa, Anna Maria Candela, responsabile Servizio Programmazione Sociale e Integrazione Socio-sanitaria della Regione Puglia, Francesca Giarè ricercatrice Rete Rurale Nazionale, ha concluso i lavori Elena Gentile, assessore al Welfare della Regione Puglia.

Ha coordinato gli interventi Matteo Antonicelli, direttore del Gal «Terra dei Trulli e di Barsento».

L'attenzione dei relatori è stata riposta sulle possibilità di uno sviluppo che segua una direttiva nuova, ma sostanzialmente ispirata alla tradizione di questo territorio. Dunque non più esclusivamente zootecnia o produzione di prodotti agricoli, che comunque non vanno trascurati, ma assistenza per anziani e per i bambini, oltre che per i diversamente abili in un contesto rurale, quello della Murgia sud-est, di per se ancora largamente abitato.

La nuova frontiera dello sviluppo rurale si chiamerà masseria sociale, che fa il paio con le già navigate masserie didattiche, dove s'insegnano le conoscenze e il sapere della campagna a scolaresche o altri soggetti interessati ad apprendere saperi e fatiche di una cultura antica.

Inoltre, questo convegno è stato l'occasione per la presentazione di tre misure di finanziamento a disposizione degli imprenditori agricoli e delle loro famiglie, oltre che per gli enti pubblici locali.

I relatori hanno focalizzato volta per volta l'attenzione su un aspetto specifico dello sviluppo del territorio: dalla necessità di interrompere l'esodo dalle campagne all'introduzione di pratiche terapeutiche e didattiche nel contesto rurale, dalla possibilità di diversificare l'offerta dei prodotti e dei servizi che la campagna e i suoi abitanti possono offrire alla necessità di rendere armonioso il sistema di gestione dei Gal.

Quindi la novità dei bandi, che verranno a breve licenziati dalla Regione Puglia, attiene in special modo alla commistione innovativa tra le politiche messe a punto dagli Assessorati regionali alle Risorse Agroalimentari e al Welfare. Le misure 311, 312, 321 prevedono rispettivamente la diversificazione in attività non agricole, il sostegno allo sviluppo e alla creazione delle imprese, l'offerta di servizi essenziali per l'economia e la popolazione rurale. I beneficiari della misura 311 sono individuati in imprenditori agricoli e componenti della famiglia coltivatrice, i quali potranno realizzare servizi sociali in aziende agricole mediante investimenti funzionali a vantaggio delle fasce deboli della popolazione. La misura 312 invece è rivolta alle microimprese, con priorità ai giovani, alle donne e alle fasce deboli organizzate della popolazione, i quali potranno cimentarsi nella realizzazione di ludoteche, baby sitting e centri ricreativi per anziani. La misura 321 indirizzata alle istituzioni pubbliche locali, prevede investimenti mirati a migliorare l'offerta e l'utilizzo di servizi essenziali alla popolazione, in collegamento con i Piani sociali di zona

Tra i tanti interventi che hanno animato il dibattito, stimolante è stato l'intervento della neuropsicologa Maria Teresa Angelillo, la quale ha chiarito che le masserie per mutare in masserie sociali devono dotarsi di attrezzature a norma e oltretutto farebbero bene a far riferimento alle nuove categorie inerenti all'Icf (International Classification of Functioning), così come dettato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. L'Icf impone un accertamento attivo delle abilità presenti nella persona disabile e quindi non soltanto la valutazione della menomazione, riportando l'attenzione sulla persona, invece che sulla malattia. Questo metodo, secondo la neuropsicologa, porterebbe maggiori benefici sulle persone bisognose di cure, rispetto al risultato che si otterrebbe in una struttura di città, seppur tecnologicamente avanzata, perché la vicinanza con la terra e gli animali può dare quel surplus che manca nelle strutture cittadine.

La conclusione dell'assessore regionale Elena Gentile è stata di tono politico e non retorico, ricordando i tagli al Fondo sociale nazionale che il governo centrale si appresta a fare.

Circa il 75% verrà tagliato sul totale dei trasferimenti, ciò potrebbe causare non poche difficoltà alla perpetuazione delle politiche regionali e locali, per le quali l'assessore al Welfare si dichiara «disposta a lavorare sodo al fine di non far pesare sulle comunità il macigno dei tagli governativi, poiché, conclude la Gentile, questa non è una sfida occasionale, ma una grande sfida del pubblico e del privato insieme, alla quale l'assessore Stèfano e la sottoscritta non intendono rinunciare».

di Vito STANO
pubblicato su vglobale.it il 08/11/2010