Pensavo
ad un reportage ai tempi della peste, poi una volta fuori per strada mi sono
reso conto della solitudine nella quale il paese era immerso. Le piazze e strade
vuote, o quasi del tutto, declamavano più di ogni altro soggetto quella che è
la situazione attuale. Alquanto surreale per qualcuno, per altri al limite
della caricatura.
Ho
fatto due tappe lungo il mio giro: il primo interlocutore (a distanza di
sicurezza) è stato un anziano vestito leggero (e senza DPI: dispositivi di
protezione individuali) incrociato vicino ad un parco giochi, il quale
rivolgendosi a me in tono canzonatorio mi chiedeva se fosse finito il periodo
delle mascherine, come a supporre un eccesso di precauzioni o magari una fobia
collettiva mai vista prima. Tesi, antitesi e sintesi: fine della conversazione.
Io domando permesso e proseguo sui miei passi, che mi portano risalendo via
Capitan Galietti verso la piazza Rossani. Lì mi accorgo dei lavori che
procedono nel cortile-parco giochi del plesso della scuola dell'infanzia nella
medesima piazza e scatto una foto da lasciare ai posteri. E
ancora proseguo verso la mia meta, la piazza grande: in effetti i circoli sono
quasi deserti, quattro uomini separati da distanze abissali. Un anziano in
coppola siede su di un panchina, un altro meno attempato legge un quotidiano
poco distante ma non troppo vicino. Un uomo in piedi picchetta l'uscio di un
circolo mediamente affollato in tempi di pace e l'ultimo dei quattro procede
spedito senza indugio dal lato opposto della piazza andando verso via Gramsci.
L'assenza delle balle di fieno rotolanti mi hanno riportato alla realtà,
all'oggi e all'emergenza da contagio, altrimenti avrei potuto vivere il mio
momento magico entrando nella scenografia quasi perfetta alla C'era una
volta il West. Un sogno individuale nell'incubo collettivo.
Finalmente
mi decido a calpestare le vituperate chianche della desolata piazza Moro e
dando un'occhiata alla mia sinistra scorgo un uomo nella stradina di fianco al
bar che mi fa un cenno di saluto e seguendo senza fermarmi vedo compiaciuto due
uomini separati dal tavolino comodamente seduti al bar. Bar che seppur con la
porta d'ingresso spalancata appare deserto, come fosse stato abbandonato da
tutti tranne che dai due uomini. Due vecchi amici evidentemente, che rivedrò
assieme in auto in altra zona del paese. L'amicizia è una gran bella
consolazione in tempi difficili. E in effetti anch'io avevo un appuntamento con
un amico ma per sua sventura il pranzo sulla sua tavola è slittato e quindi mi
ha dato buca. La pancia e l'amicizia altra relazione da esplorare.
Seppur nessuno degli uomini (si solo uomini, nessuna donna) incrociati nelle
due piazze Rossani e Moro e nelle strade adiacenti indossassero mascherine o
guanti, la prossemica è forse l'unica vera novità di questo nuovo modo di
relazionarsi con l'altro. Pochi tocchi sfuggenti di gomito, pare che alcuni si
tocchino coi piedi (alla cinese mi dicono ma non trovo conferma di questa
genesi), queste le testimonianze di calore e affetto che è possibile profondere
all'amico. Al conoscente è sufficiente un alzata del capo o della mano. A
ognuno il suo. Del resto farsi servire il caffè al bancone del bar da un
soggetto con indosso una mascherina a carnevale già concluso, in effetti
potrebbe trarre all'ilarità. Non me ne vogliano i baristi ma non è bello dare
un metro all'amico al bancone del bar. Niente caffè e pace.
Continuando
incontro un edicolante, volto e nome storici del paese, il quale a serranda
ancora giù della sua attività e invitato a commentare la novità, mi racconta,
senza lamento alcuno, che era uscito per andare dal barbiere ma ha trovato
chiuso. Quindi niente barba e niente capelli. A conferma della testimonianza
più tardi consultando facebook trovo un post del barbiere in
questione, il quale facendo riferimento all'emergenza sanitaria avvisava che
avrebbe osservato la serrata della bottega. Pazienza. A far compagnia
all'anziano edicolante un altro popolano intento a far pulizie sull'uscio della
bottega. Desideroso di commentare le novità, raccontava che stamattina aveva
lavorato come tutte le mattine ma con la mascherina. Ebbene si,
altrimenti «altro che virus, il colera arriverebbe se si fermasse la raccolta
dei rifiuti urbani, come nel 1973», (ndr, sono troppo giovane per ricordare ma
la verifica gli ha dato ragione).
Intanto l'impazienza,
l'incredulità e la sorpresa si fanno largo alla vista in tv di spettacolari
disinfestazioni di navi, aerei grandi come navi e uffici e reparti d'ospedale.
E come se non ciò non bastasse, giù con teorie cospirazioniste atte a
disequilibrare le sorti del mondo, a vantaggio di chi non si riesce proprio a
capirlo.