venerdì 10 febbraio 2023

Foibe. A diciannove anni dalla legge si fatica a restare in equilibrio tra retorica e strumentalizzazione politica della storia

di Vito Stano

Approfittando dell’ultimo lavoro dato alle stampe dallo storico torinese Enrico Miletto dal titolo Le due Marie. Vite sulla frontiera orientale d’Italia (edito da Scholè, 2023), si è tenuto a Bari presso la biblioteca del Consiglio Regionale Teca del Mediterraneo un incontro formativo in occasione del Giorno del Ricordo. L’evento è stato organizzato dall’IPSAIC (Istituto per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea) e dalla Biblioteca del Consiglio Regionale Teca del Mediterraneo. È stato un momento di riflessione a proposito di temi storici che, nonostante siano trascorsi molti decenni, fanno ancora rumore: a destare l’attenzione ci hanno pensato per la parte relativa alla memorialistica Dionisio Simone, esule da Pola (Istria), e per la parte relativa ai rapporti internazionali dopo il secondo conflitto mondiale il ricercatore dell’Università di Bari Rosario Milano. Ha introdotto la dirigente della Teca la dottoressa Anna Vita Perrone, ha invece coordinato la discussione la professoressa Anna Gervasio direttrice dell’IPSAIC.
 
La memoria personale e familiare
Dionisio Simone, già insegnante, ha ripercorso le tappe della propria vita ricordando vicende personali e familiari legate all’esodo dalla terra natia, l’Istria. Il racconto emotivo, a tratti commosso, è stato interessante, poiché per quanto di natura memoriale ha avuto il pregio di mantenere un equilibrio non facile. Dunque nonostante al centro della narrazione ci fossero le vicende umane personali (la paura delle persecuzioni e il distacco dalla propria terra), è stato approfondito anche l’aspetto relativo all’esodo giuliano-dalmata, che, come ribadito a più voci, sconta ancora un disaccordo tutto statistico tra le pubblicazioni di carattere memoriale e le ricerche prettamente accademiche.  
 
L’analisi del contesto globale e l’uso strumentale della storia
A Rosario Milano, ricercatore di Storia delle relazioni internazionali presso l’Università degli Studi di Bari, è toccato invece tracciare le linee del complesso quadro delle relazioni internazionali, naturale cornice di una narrazione globale, a volte di difficile interpretazione. L’impianto delle vicende storiche narrate, facendo riferimento ai fatti accertati, ha invitato a porsi ulteriori quesiti, utili quest’ultimi a leggere le vicende già analizzate dalla ricerca storica, tanto quanto capaci di interpretare le attuali circostanze (europee), di cui la guerra d’aggressione che la Russia sta conducendo ai danni dell’Ucraina e del suo popolo ne è un fulgido esempio. Su questo punto, interessante è stata l’intuizione del dott. Milano a proposito dell’uso strumentale della storia da parte della politica: il caso dei Paesi dell’ex blocco sovietico (vedi di nuovo il caso ucraino): «i governi hanno usato la storia per creare un sentimento nazionale» per sganciarsi dal passato comune gonfiando, in tal modo, un sentimento nazional-populista utile alla causa ma foriero di conseguenze dirompenti; al contrario del percorso che hanno (più o meno congiuntamente) compiuto i Paesi membri dell’Unione Europea (vedi il caso Italia-Slovenia-Croazia proprio relativo alla necessità di avere una lettura condivisa dei fatti accaduti a cavallo delle due guerre mondiali su quel lembo di terra conteso che noi italiani chiamiamo confine orientale).
 
Conoscenza dei fatti vs retorica ad uso politico-elettorale
Molte volte la verità sta nel mezzo, e se è vero che per opportunità di politica internazionale per molti anni ai fatti del confine orientale non si è dato grande risalto, è disonesto affermare che si è nascosta la verità, questo è dimostrato dalle pubblicazioni che furono realizzate a guerra appena conclusa e negli anni successivi; pubblicazioni che denunciavano i fatti atroci avvenuti nelle terre contese a cavallo tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945. Anche su questo punto la retorica «degli italiani infoibati solo perché italiani» non regge neppure nel racconto memoriale di un esule (che in effetti ne afferma la totale incongruità dell’assunto), figuriamoci nel resoconto dell’analisi storica, che (in modo largamente condiviso dai più) afferma che le esecuzioni (i cosiddetti infoibamenti) venivano perpetrati seguendo un disegno egemonico che andava oltre le nazionalità, poiché mirava a costruire un mondo (quello socialista jugoslavo) che avrebbe (come del resto poi ha fatto) messo insieme i popoli slavi, da sempre divisi e quindi vittime di Paesi “protettori”, e tutti coloro che guardavano al domani attraverso il prisma del socialismo reale per creare un Paese grande e autonomo (in quest’ottica si legge la strada di Tito al socialismo reale e la successiva rottura con Stalin).

Due giornate della memoria: unicum tutto italiano
Se una certezza c’è, è che delle vicende del confine orientale (e dunque di torture e violenze, di cavità carsiche ed esecuzioni, di opzioni più o meno “volontarie”, di esodo e di campi profughi) si è ricercato e pubblicato tanto quanto basterebbe a prenderne piena coscienza, se non fosse che la stessa giornata del ricordo (un unicum in Europa) nasce sotto la spinta di una destra che faticava (all’epoca) a rinnegare il fascismo, o lo faceva bisbigliando per non irretire i vecchi camerati ancora legati ai concetti di irredentismo e vittoria mutilata, facendo di un fatto locale (vissuto allo stesso modo al confine orientale d’Italia e in molte altre aree regionali della sventurata Europa) un fatto di importanza nazionale. Ebbene la storia è stata largamente accertata ma la retorica stucchevole continua, per proseguire (a fini politico-elettorali) quel infinito lavaggio di coscienza tipico degli italiani: che non hanno affrontato le responsabilità del colonialismo, dell’assimilazione forzata dei popoli alloglotti del confine orientale, vent’anni di dittatura fascista, le leggi razziali e il confino “concesso” agli oppositori politici del regime, fino alla comune volontà nazi-fascista di aumentare il numero di popoli da assoggettare all’idiozia della razza ariana con tanto spregio della vita umana come mai prima di allora era avvenuto.
 
A dimostrazione di tanta inutile retorica e di tanto uso strumentale della storia, in alcuni paesi del profondo Sud (che a volte faticano a conoscere la propria storia regionale) sono previste non una ma due manifestazioni nel Giorno del ricordo: la prima istituzionale e l’altra di partito (di destra). Tanto basta per domandarsi, ancora una volta dopo quasi vent’anni dalla legge che ha istituzionalizzato il 10 febbraio, a chi servono queste cerimonie?        

lunedì 6 febbraio 2023

Ambiente. Dal bioparco al parco naturale: il dilemma della conservazione tra gabbie e regolamenti

di Vito Stano

L'archivio è come un essere vivente e di tanto in tanto emerge una storia che vuol essere raccontata: è da qualche giorno che chiedo al mio archivio di restituirmi qualcosa e stamattina sono stato accontentato: le immagini che ho realizzato al bioparco di Valencia (nel non troppo lontano dicembre 2019) mi hanno permesso di creare un collegamento con un podcast che ascoltavo l'altra sera su RaiPlaySound: in Orsa minore, questo il titolo del podcast, diverse voci raccontano la vita più o meno selvaggia del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise sulle cui estese terre vivono numerosi esemplari di orso marsicano. 

La coincidenza, maldestramente, mi ha portato attraverso la cronaca alla notizia dell'ennesimo orso investito su una tratto di strada statale che taglia quei territori. Insomma la vita selvaggia che interseca la modernità senza tanti complimenti. Perché unisco idealmente la vita selvaggia degli orsi marsicani con gli esemplari di numerose specie ospitate nel BioParco di Valencia? Ebbene la voce di una delle protagoniste di Orsa minore, mi colpì profondamente quando, a proposito della necessità di recintare e segnalare i limiti di un parco nazionale, disse (vado a memoria) che si dovrebbe riflettere sull'incapacità della specie umana di rispettare le altre specie e il loro territorio, in quanto evidentemente non siamo in grado di convivere con altre specie se non le riduciamo al ruolo di comprimari. Una triste realtà che può essere osservata nei bioparchi o zoo contemporanei: anche a Valencia dunque, che proprio in febbraio festeggia i suoi quindici anni di attività, è possibile osservare una serie di specie animali (anche tra le più feroci) comodamente passeggiando su selciati artatamente riprodotti per ricreare un habitat lontano.

Per questo oggi, ancora una volta, approfitto per riflettere sull'autenticità delle esperienze che viviamo: un leopardo dietro un vetro antisfondamento ha un senso soltanto se mi immagino di essere in una sorta di atlante tridimensionale a grandezza naturale, stesso discorso varrebbe per un enerme acquario che contiene, come fossero pesci rossi, i pinguini dall'Antardide. Non è facile accettare come e quanto stiamo riducendo tutto alla categoria del consumo, perché se è indubbiamente vero che molti esemplari a rischio sono stati garantiti dalla ingloriosa estinzione, è anche vero che metterli in esposizione genera introiti (più cibo e gadget da portare a casa) che producono l'effetto tipico di ogni atto consumistico: ridimensionare l'esistenza alle cose materiali, cose acquistabili e consumabili. 

venerdì 3 febbraio 2023

Amministrazione comunale. Le promesse elettorali si fanno reali: i lavori di rinnovamento al parco giochi sono iniziati

 di Vito Stano

Qualche anno fa, durante l'epoca amministrativa Di Medio-Giustino il parco giochi nel quartiere Sacro Cuore subì un rimaneggiamento, ma fu così poco significativo che ricordo d'aver criticato aspramente quel consumo di denari pubblici per poi far sporcare i bambini e le bambine come in un cantiere. 
Parco giochi, Vito Stano@2019


Ricordo d'aver imbeccato l'allora consigliere Davide Del Re nel bar in piazza e l'attuale sindaco mi contestò che il progetto, che era stato scritto da lui (epoca Lionetti-Del Re), era diverso da quello adottato successivamente dall'amministrazione Di Medio-Giustino. 
Qualche giorno dopo per caso, sempre in piazza, incontrai il vicesindaco Angelo Giustino e criticai le scelte adottate e lui mi disse che in cinque anni avrebbero potuto fare delle modifiche. Ma io non diedi credito alle sue parole e in effetti ebbi ragione. 

Oggi, a qualche anno di distanza, il tempo è cambiato: le promesse elettorali divengono reali. I lavori sono iniziati e l'assessore Enza Battista non fa mistero della sua soddisfazione: «è un intervento che ci premeva fare quanto prima, perché la felicità dei bambini passa anche dalla loro sicurezza».





Parco giochi, Vito Stano@2023