lunedì 6 febbraio 2023

Ambiente. Dal bioparco al parco naturale: il dilemma della conservazione tra gabbie e regolamenti

di Vito Stano

L'archivio è come un essere vivente e di tanto in tanto emerge una storia che vuol essere raccontata: è da qualche giorno che chiedo al mio archivio di restituirmi qualcosa e stamattina sono stato accontentato: le immagini che ho realizzato al bioparco di Valencia (nel non troppo lontano dicembre 2019) mi hanno permesso di creare un collegamento con un podcast che ascoltavo l'altra sera su RaiPlaySound: in Orsa minore, questo il titolo del podcast, diverse voci raccontano la vita più o meno selvaggia del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise sulle cui estese terre vivono numerosi esemplari di orso marsicano. 

La coincidenza, maldestramente, mi ha portato attraverso la cronaca alla notizia dell'ennesimo orso investito su una tratto di strada statale che taglia quei territori. Insomma la vita selvaggia che interseca la modernità senza tanti complimenti. Perché unisco idealmente la vita selvaggia degli orsi marsicani con gli esemplari di numerose specie ospitate nel BioParco di Valencia? Ebbene la voce di una delle protagoniste di Orsa minore, mi colpì profondamente quando, a proposito della necessità di recintare e segnalare i limiti di un parco nazionale, disse (vado a memoria) che si dovrebbe riflettere sull'incapacità della specie umana di rispettare le altre specie e il loro territorio, in quanto evidentemente non siamo in grado di convivere con altre specie se non le riduciamo al ruolo di comprimari. Una triste realtà che può essere osservata nei bioparchi o zoo contemporanei: anche a Valencia dunque, che proprio in febbraio festeggia i suoi quindici anni di attività, è possibile osservare una serie di specie animali (anche tra le più feroci) comodamente passeggiando su selciati artatamente riprodotti per ricreare un habitat lontano.

Per questo oggi, ancora una volta, approfitto per riflettere sull'autenticità delle esperienze che viviamo: un leopardo dietro un vetro antisfondamento ha un senso soltanto se mi immagino di essere in una sorta di atlante tridimensionale a grandezza naturale, stesso discorso varrebbe per un enerme acquario che contiene, come fossero pesci rossi, i pinguini dall'Antardide. Non è facile accettare come e quanto stiamo riducendo tutto alla categoria del consumo, perché se è indubbiamente vero che molti esemplari a rischio sono stati garantiti dalla ingloriosa estinzione, è anche vero che metterli in esposizione genera introiti (più cibo e gadget da portare a casa) che producono l'effetto tipico di ogni atto consumistico: ridimensionare l'esistenza alle cose materiali, cose acquistabili e consumabili. 

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