sabato 31 agosto 2013

Il mio garage stasera a Bitonto: Daniele Di Maglie presenta l'ultimo album

Dopo il romanzo iperrealista, Daniele Di Maglie ritorna a cantare. Stasera alle 21,45 il cantautore tarantino si esibirà in concerto al 'Corvotorvo', dove presenterà in anteprima alcuni brani del suo ultimo lavoro discografico dal titolo 'Il mio garage'.

Tarantino di nascita e barese di adozione, una serie cospicua di concerti in tutta Italia oltre a premi e riconoscimenti artistici. Nel 2001 Daniele Di Maglie incide un disco dal titolo ‘Non so più che cosa scrivo’ (per conto dell’etichetta barese ‘il cavallo giallo’),che riceve consensi di pubblico e critica raccogliendo recensioni su riviste quali ‘Buscadero’ e ‘Mucchio selvaggio’. Nel 2003, l’etichetta romana ‘Storie di Note’ distribuisce l’album nei suoi circuiti a livello nazionale. Nel frattempo radio locali e nazionali trasmettono brani del disco (Radio 3, Popolare network, Radionorba). Partecipa a quattro compilation, di cui una prodotta dalla ‘Upr folk rock’ di Milano. Nel 2007 le canzoni due suoi brani vengono utilizzati nel cortometraggio ‘Hotel San Francisco’. Nel 2012 pubblica ‘La ballata dei raminghi adirati’ (Il Grillo editore) e ‘L'altoforno’ (Stilo editrice). È in corso la definizione del secondo lavoro discografico.

Per info e prenotazioni 328.9477858

Daniele Di Maglie è stato presente anche ad ‘Aspettando la Festa di Liberazioneche si tenuta ieri venerdì 30 agosto presso il circolo Peppino Impastato di Bitonto per discutere di Ilva, zona industriale di Bari, ambiente.

31.08.2013
V.S.

venerdì 30 agosto 2013

Mafia a Bari. Libera: «allestiamo un calendario di iniziative per la città»

La foto che fu adottata qualche mese mese a seguito di
un altro omicidio di mala nel capoluogo pugliese
Dopo l'ultimo omicidio consumato a Bari, il coordinamento provinciale di Libera, a firma del suo referente Alessandro Cobianchi, ha pubblicato una lettera aperta alle associazioni in cui invita a reagire. Di seguito la lettera.


Quando, in occasione dell’omicidio di Giacomo Caracciolese, lo scorso aprile, abbiamo deciso di lanciare la campagna 'Spàrano? Via da Bari', stavamo maturando, come Coordinamento provinciale di un’associazione schierata quotidianamente in difesa dei temi antimafia, due convinzioni. La prima era una consapevolezza concreta. Ovvero, a Bari si sarebbe sparato ancora perché ogni omicidio, da sempre, ha contribuito a schiudere vasi di violenza. La seconda era una riflessione sulla nostra azione: le parole rabbiose e indignate non avrebbero – di certo non da sole – fermato le sparatorie. Stavamo solleticando le mafie, senza incutere loro il minimo timore.   

L’omicidio di ieri sera a Poggiofranco, che ha visto cadere sotto i colpi della malavita Felice Campanale, è solo l’ultima di una lunga serie di conferme su queste due riflessioni. Dunque, ora, l’imperativo categorico è quello di domandarsi: che fare? Innanzitutto, c’è da chiudere il cerchio dell’autocritica e della critica, provare a riassemblare i cocci, ristrutturare un mondo (quello dell’antimafia) che va, spesso, in ordine sparso, alla rinfusa, per rilanciare un’azione nuova. Ma per rilanciare c’è bisogno di essere forti. Ecco dunque l’urgenza impellente di mettere in campo la rete, rafforzando alleanze che, nel corso del tempo, sono andate perdute o si sono indebolite nella pletora di singoli eventi. Urge ora ridare un senso a queste sinergie, marcarle e nettarle nell’inchiostro dell’impegno e non solo in quello della teorizzazione.

C’è da ricostruire un tessuto urbano sfibrato dal disimpegno e divenuto socialmente traballante. Serve pertanto fare massa critica, nel senso più vero dell’espressione. Massa: perché dobbiamo contarci ed essere in tanti, coscientizzare e comunicare la necessità della partecipazione attiva. Critica: per non accettare più  luoghi comuni, le mere dichiarazioni d’intenti cui fa seguito soltanto il silenzio. Bisogna provare a fare realmente opinione, incidere sui vissuti delle persone, incontrandole fisicamente per far capire loro che ci siamo.

Ci sia consentito quindi fare una proposta: chiediamo alle associazioni, alle scuole, alle parrocchie, a tutti i gruppi impegnati nel sociale di destinare una giornata del proprio impegno all’organizzazione di un’iniziativa a favore della città al fine di allestire, tutti insieme e fin dai prossimi giorni, un calendario unitario di iniziative a sostegno della legalità.

Siamo convinti che questa, lungi dall’essere la risoluzione definitiva del problema, possa comunque rappresentare una prima, importante, risposta corale della comunità barese alla violenza e l’inizio di un raccordo sociale che punti sulla coesione quale momento nodale del contrasto alle mafie.

Per il Coordinamento provinciale
il referente
Alessandro Cobianchi

giovedì 29 agosto 2013

Incendio devasta i Guarani, condannati a vivere e morire sulla strada

Un incendio ha divorato un accampamento dei Guarani allestito sul ciglio della strada: gli Indiani sono stati costretti a scappare mentre le loro tende venivano rase al suolo, le riserve di cibo distrutte e i loro averi persi nelle fiamme. Sembra che l’incendio sia divampato nella piantagione di canna da zucchero di São Fernando, che occupa la terra ancestrale della comunità Apy Ka’y. Secondo la polizia ambientale brasiliana, le fiamme hanno distrutto un’area di circa 1.000 ettari, comprendente anche l’accampamento indigeno. Le cause sono ancora da accertare. Il fatto è accaduto giovedì scorso nello stato brasiliano del Mato Grosso do Sul, ma i dettagli dell’evento sono emersi soltanto ora.

«Le fiamme hanno bruciato per un giorno interno» ha riferito a Survival International un portavoce Guarani. «Ovunque c’erano fumo e cenere. I nostri parenti sono stati costretti a fuggire dalle loro case. I bambini piangevano… Siamo scioccati».
«Le tende, i vestiti, il cibo, le pentole, i materassi… è bruciato tutto!» ha detto la leader della comunità di Apy Ka’y, Damiana Cavanha. «Abbiamo perso tutto, ma non la speranza di ritornare alla nostra terra ancestrale».

I Guarani di Apy Ka’y non hanno molto materiale a disposizione per ricostruire le loro case. I bambini sono già malnutriti e questi ultimi eventi non faranno altro che aumentare la loro vulnerabilità. Una volta spento l’incendio, secondo Damiana le guardie di sicurezza degli allevatori di São Fernando avrebbero minacciato di uccidere i Guarani. «Gli uomini armati mi hanno detto che ci uccideranno tutti. Ma io continuerò a lottare per la nostra tekoha (terra ancestrale), ha dichiarato la donna».

Gli Indiani furono costretti ad abbandonare la loro terra ancestrale quasi quindici anni fa, quando fu occupata dagli imprenditori agricoli. Negli ultimi dieci anni, mentre le loro terre venivano utilizzate per sostenere il boom dell’industria brasiliana dei biocarburanti, Damiana e gli altri membri della comunità hanno vissuto a intermittenza sul ciglio della strada principale.

Vivono nel rischio costante di incidenti stradali letali, perché le macchine e i camion passano ad alta velocità sulla strada lungo cui è accampata la comunità. Il marito e i tre figli di Damiana sono stati investiti e uccisi così. Ogni volta che i Guarani hanno tentato di rioccupare la loro terra, gli imprenditori agricoli sono riusciti a sfrattarli. La comunità è stata attaccata diverse volte; nel 2009, ad esempio, degli uomini armati avevano sparato contro l’accampamento, dando fuoco alle loro tende.

Spesso, i leader Guarani sono presi di mira da sicari armati al soldo degli allevatori e imprenditori agricoli, e molti di loro sono stati uccisi proprio mentre incoraggiavano la comunità a riprendersi la propria terra. Survival chiede al governo brasiliano di rispettare i suoi doveri costituzionali, che sono quelli di demarcare tutte le terre dei Guarani e di restituirle loro, a uso esclusivo.

«I primi popoli del Brasile sono regolarmente sacrificati sull’altare dell’avarizia; le loro vite e i loro stili di vita cancellati da una corsa alla crescita economica perseguita a qualsiasi costo»”ha dichiarato oggi Stephen Corry, Direttore generale di Survival International. «I Guarani hanno il diritto di ritornare nella propria terra, e invece vengono condannati a marcire per tutta la vita sul ciglio di una strada».


(fonte Survival International)

Politica e informazione: il Movimento 5 Stelle dà appuntamento a sabato 31

La vita politico-amministrativa locale segue il suo percorso naturale di scelte, polemiche, proposte alternative; insomma, seppur a tratti dormiente, la politica fa parlare di sé. Prova ne sono la questione del progetto 'Lame' e quella del nuovo servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani 'porta a porta'.

L'attenzione dei cittadini del resto, grazie all'informazione gratuita on line, è maggiore rispetto al recente passato. Ma i giornalisti non sono gli unici a proporre notizie. 

Il gruppo 'Amici di Beppe Grillo Cassano Murge', così come suoi omologhi in altre aree del Paese, attraverso la 'rete' si prefigge di informare la cittadinanza «senza filtri  così si legge nella nota che uno dei fondatori del circolo cassanese Roberto Mancino ha pubblicato su facebook.com – direttamente dal Parlamento Italiano attraverso la proiezione di estratti video della Camera e del Senato della Repubblica, approfondimenti, interviste»
    

Lo scopo del Movimento è quella di ovviare al «bombardamento mediatico unilaterale dei media. Preciseremo  continua la nota – punto su punto i perché della coerenza al nostro programma e tutti i retroscena che tv e giornali tengono ben nascosti»

L'iniziativa lodevole del circolo cassanese del M5S però non può riempire il vuoto che le rappresentanze politiche locali non sono più in grado di colmare. Sulla vita politico-amministrativa locale il M5S, per esempio, a parte qualche veloce comparsa on line, non si è ancora applicato. Eppure ce ne sarebbero di argomenti interessanti di cui discutere. Il controllo amministrativo è, a parere di chi scrive, il primo punto da cui partire per analizzare, elaborare e proporre un'idea politica alternativa. La cittadinanza cassanese e i numerosi elettori del M5S avrebbero bisogno di un lavoro di controllo, prima, e di proposta, poi, sull'oggi e, soprattutto, sul prossimo futuro di Cassano delle Murge. I fatti romani non sono più importanti di quelli locali, hanno semplicemente un'altra dimensione. 


I militanti del MoVimento 5 Stelle di Cassano delle Murge danno dunque appuntamento a sabato 31 agosto alle ore 19,00 in piazza Garibaldi per mantenere «gli impegni presi»  

29.08.2013
Vito Stano

La differenziata vola al 51,06% a luglio. Ma resta il problema abbandono

51,06%: è il risultato della raccolta differenziata per lo scorso mese di luglio. Un dato che dimostra come il modello del porta a porta, in particolare, stia gradualmente entrando nelle abitudini dei cassanesi.

Intervista itinerante all'assessore Carmelo Briano

Questo è il dato da Palazzo comunale fanno sapere. I cittadini stanno facendo il proprio dovere, ma ad oggi molte vie del paese sono invase da sacchetti di spazzatura improvvidamente abbandonati. Anche gli amministratori sono consci di questo problema, già più volte preso in considerazione sia dalla sindaco Maria Pia Di Medio sia dall'assessore alla Tutela dell'ambiente Carmelo Briano. Ripulire le aree invase dai rifiuti costa e pure tanto. 
    
Pertanto «gli uffici ricordano si legge nel comunicato inviato dal Comune  a coloro che hanno l'urgenza di smaltire i rifiuti che è possibile rivolgersi al centro di raccolta in via Calabria nella zona industriale, aperto tutti i giorni dalle 7 alle 13 e il venerdì dalle 15 alle 18. Durante gli orari di chiusura la piattaforma dispone all'esterno di contenitori idonei alla raccolta differenziata dei rifiuti anche per i turisti di passaggio».

Inoltre è possibile reperire tutte le informazioni sulla differenziata sul sito www.oradelladifferenziata-cassano.it, raggiungibile anche dalla home page del sito comunale www.comune.cassanodellemurge.ba.it. Per gli utenti, inoltre, è sempre disponibile il numero verde 800-401670 (per i cellulari invece è necessario chiamare lo 080/3072117) utile a dare informazioni anche per il ritiro a domicilio di rifiuti ingombranti e Raee (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche come frigoriferi, lavatrici, televisori, elettrodomestici in generale).

29.08.2013
Vito Stano

mercoledì 28 agosto 2013

Vent’anni dopo gli Yanomami sopravvissuti ricordano il massacro di Haximu

I sopravvissuti del massacro di Haximu, avvenuto nel 1993, con i 
cesti contenenti le ceneri dei loro morti. I cercatori d’oro uccisero 
16 Yanomami. © C Zacquini/ Survival
Vent’anni fa, un gruppo di cercatori d’oro illegali massacrò brutalmente sedici Indiani Yanomami. Oggi, nell’anniversario di quella storia raccapricciante, i sopravvissuti parlano apertamente dei loro ricordi perché i minatori continuano a invadere la loro terra. Il massacro della comunità yanomami di Haximu, nell’Amazzonia venezuelana, fu compiuto da 22 cercatori d’oro brasiliani nel 1993. I minatori uccisero donne, bambini e anziani, e mutilarono un neonato con un machete.

In una rara intervista, Marisa e Leida Yanomami, sopravvissute al massacro, hanno raccontato: «I cercatori d’oro hanno ucciso i nostri fratelli e le nostre sorelle e hanno ucciso anche nostro padre con il machete; alcuni sono stati uccisi con armi da fuoco. Parlarne è difficile, perché ci rende molto tristi. Quando raccontiamo del massacro, ci ricordiamo di nostro padre».
A vent’anni di distanza, i territori yanomami di Brasile e Venezuela continuano a essere invasi illegalmente dai cercatori d’oro che inquinano i fiumi con il mercurio e distruggono la foresta. Continuano anche gli attacchi agli Yanomami a dispetto di un’operazione condotta dalle autorità brasiliane per allontanare i minatori dalla loro terra.
In Venezuela, gli Yanomami temono un’invasione su larga scala perché la compagnia statale cinese CITIC è stata ingaggiata per esplorare, mappare e catalogare le riserve minerarie venezuelane, molte delle quali si trovano nella terra indigena.
La COIAM, una rete di organizzazioni indigene amazzoniche, ha condannato i progetti dellaCITIC e ha dichiarato: «Chiediamo al governo nazionale di rivedere con urgenza questi progetti e di non consentire che siano realizzati nei territori e nelle comunità indigeni, dato il loro potenziale impatto distruttivo a livello ambientale e socio-culturale. Le vite e la sopravvivenza fisica e culturale dei popoli indigeni dipendono da un’adeguata tutela del loro ambiente e delle loro terre».
In Brasilegli Yanomami si oppongono con forza a un progetto di legge sull’attività minerariache è in corso di dibattimento al Congresso brasiliano e che, se approvato, aprirebbe la terra degli Yanomami e altri territori indigeni allo sfruttamento minerario su larga scala e porterebbe altri invasori nelle loro terre. Con una sentenza storica e senza precedenti, cinque degli autori del massacro di Haximu furono condannati per genocidio. Ma oggi solo uno dei minatori rimane in prigione. Dopo aver scontato parte della pena, uno tornò a cercare illegalmente oro nella terra Yanomami ed è stato catturato nuovamente lo scorso anno, durante un’operazione effettuata dalle autorità per allontanare i minatori dal territorio.
«Non dimentico mai il massacro di Haximu» ha dichiarato a Survival International Davi Kopenawa, portavoce Yanomami. «I cercatori d’oro hanno ucciso sedici Yanomami e poi sono ritornati, gli stessi uomini… Siamo indignati perché i cercatori d’oro non sono mai stati puniti e non hanno sofferto come è successo a noi».
Dopo il massacro furono istituite varie commissioni bi-nazionali, compresa una per monitorare e contrastare l’attività estrattiva illegale. Tuttavia sembra che sia inattiva da anni. Survival ha scritto ad entrambi i governi sollecitandoli a mantenere gli accordi presi per controllare i minatori illegali e proteggere la terra yanomami. Gli Yanomami sono oltre 30.000, vivono lungo il confine tra Brasile e Venezuela, e costituiscono la tribù relativamente isolata più grande del Sudamerica. Negli anni ‘80, un’ondata di cercatori d’oro illegali decimò la tribù, e in Brasile uno Yanomami su cinque morì a causa dei violenti attacchi degli stranieri e delle malattie importate dall’esterno.
«Sia il Brasile sia il Venezuela continuano a permettere ai cercatori d’oro illegali di operare all’interno della terra yanomami» ha commentato oggi Stephen Corry, Direttore di Survival International. “E questo a dispetto degli orrori che hanno provocato. In occasione dei Mondiali di Calcio e delle Olimpiadi, presto il Brasile accoglierà tutto il mondo – ma oggi il suo governo è davvero in grado di far applicare la legge entro i propri confini?».

Note per i redattori:
- Scarica la dichiarazione completa del COIAM in spagnolo (originale pdf, 69 KB) oppure in inglese (pdf, 66 KB).

(fonte Survival International)

Una petizione salva donna stuprata dal carcere. 76mila firme su Avaaz.org

Ingrid, un membro di Avaaz, ha usato il nostro sito per impedire che una donna norvegese fosse messa in carcere dopo essere stata stuprata!

Marte Dalelv è stata violentata mentre era in visita a Dubai, ma dopo aver sporto denuncia alla polizia è stata condannata a 16 mesi di prigione per "sesso fuori dal matrimonio"! Quando Ingrid ha letto del caso di Marte ha lanciato una campagna su Avaaz chiedendo ai governi di Dubai e Norvegia di lavorare per il rilascio di Marte. La petizione e la pagina Facebook che ha creato hanno avuto un enorme successo sui social media e persone da tutto il mondo hanno firmato la petizione e sommerso i due governi di messaggi usando gli indirizzi che Ingrid aveva pubblicato sulla pagina della sua petizione.

In pochi giorni Marte è stata rilasciata e il Ministro degli esteri norvegese Espen Barth Eide ha pubblicato questo messaggio su Twitter: "Marte è stata rilasciata! Grazie a tutti quelli che hanno firmato per il loro contribuito."

La campagna di Ingrid è stata trattata da decine di organi di stampa e chiaramente ha aumentato la pressione diplomatica affinché Marte fosse liberata e riportata a casa dalla sua famiglia. E tutto è iniziato con il semplice passo di lanciare una petizione sul sito della comunità di Avaaz. Pensa a un tema che ti sta a cuore e clicca qui per iniziare, è incredibilmente veloce e facile lanciare una campagna:


Il Primo Ministro norvegese ha dichiarato, "Non c'è dubbio che l'attenzione da tutto il mondo e la tenacia del ministro degli esteri ... hanno portato a questa decisione." In pochi minuti, Ingrid ha lanciato una incredibile campagna che ha contribuito a convincere quelli che dovevano prendere decisioni a Dubai e in Norvegia.

Ci vogliono pochi minuti per lanciare una campagna, ma l'impatto di una vittoria può durare per anni. Inoltre, se la petizione riceve da sola un sostegno sufficiente, lo staff di Avaaz potrebbe sostenere la campagna, aggiungervi i suoi consigli strategici, dare una mano con i media e addirittura mandarla a una lista più ampia di membri. Abbiamo una quantità enorme di consigli per aiutarti lungo la strada: tutto quello che devi fare è iniziare, condividere la tua passione e potrai già essere sulla buona strada per ottenere risultati su temi di ogni tipo a livello locale, nazionale o globale.

Ingrid non era convinta che lanciando una petizione online avrebbe salvato Marte, ma quando lei e la sua organizzazione Partnership for Change hanno visto l'impatto che aveva avuto la loro campagna, hanno capito quanto potente possa essere per il cambiamento questo semplice modello. Invia questa email alle persone che conosci che hanno grandi idee su come rendere il mondo un posto migliore, o clicca sul link per farlo tu stesso:


Molte campagne di Avaaz sono lanciate dai suoi membri, da quella per portare a casa sani e salvi centinaia di lavoratori indiani bloccati in Bahrain, a quella per consentire a coniugi incarcerati di poter comunicare l'uno con l'altro nel Nuovo Messico. Tutte queste campagne hanno richiesto pochi minuti per essere lanciate. Diventiamo insieme parte del movimento per il cambiamento nel mondo e moltiplichiamo di migliaia di volte il nostro impatto.

Con speranza ed entusiasmo per tutto quello che possiamo raggiungere insieme, 

Alice, Emma, Oli, Carol, Ricken, Luca, Laura e tutto il team di Avaaz 

Ulteriori informazioni: 

La campagna originale: Marte Deborah Dalelv Released (Petizioni della Comunità di Avaaz)

Dubai: vittima di stupro, condannata a 16 mesi, rabbia e proteste online (ora rilasciata) (La Stampa)

Norvegese stuprata a Dubai, condannata (Ansa)

Dubai: graziata Marte Dalelv, condannata per adulterio dopo aver denunciato uno stupro (Euronews)

Marte Deborah Dalelv: la libertà dopo l’arresto per stupro (Giornalettismo)

(fonte Avaaz.org)

A don Cassol che amava la Murgia sentiero del suo ultimo rifugio


A tre anni dalla scomparsa di don Francesco Cassol il comitato dell'Alta Murgia accoglie i ciclisti delle Dolomiti Bellunesi in viaggio da Loreto al Pulo di Altamura per ricordare insieme don Cassol.

Ci vediamo al Pulo di Altamura venerdì 30 agosto 2013 alle ore 17,00 davanti al monolite dedicato al sacerdote di Longarone (Comitati Alta Murgia).

La cerimonia dell'istallazione del monolite in ricordo di don Cassol

Un fumetto di Pino Creanza in ricordo di don Francesco

Dalla strada maledetta al 'buon cammino' ricordando don Francesco Cassol 
Piero Castoro - Centro Studi Torre di Nebbia

Morire sulla murgia
Piero Castoro – Centro Studi Torre di Nebbia
(in “il Manifesto” 16 settembre 2010)

Andria: arrestato l’ultimo latitante dell’operazione ‘Castel del Monte’

L'arresto di Francesco Piombarolo - Foto attual.it
Un bel colpo è stato messo a segno dagli investigatori. Dopo numerosi mesi di ricerche polizia e carabinieri hanno assicurato alla giustizia un latitante.

Sul suo conto gravava un provvedimento cautelare emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Bari per associazione a delinquere di tipo mafioso e per detenzione e porto di armi, ma dallo scorso mese di marzo si era reso irreperibile. Si tratta del 51enne andriese Francesco Piombarolo, localizzato dai Carabinieri della Compagnia di Andria, al termine di serrate ricerche, in un casolare isolato in contrada ‘Posta di Mezzo’. L’uomo, associato presso la casa circondariale di Trani, dovrà scontare una pena di 4 anni e 7 mesi di reclusione.


Il provvedimento rappresenta l’ultimo atto di una vicenda giudiziaria derivata da una complessa attività investigativa, condotta da Polizia e Carabinieri, convenzionalmente denominata ‘Castel del Monte’, avviata nel 2001 a seguito di un attentato dinamitardo commesso contro il Commissariato di Andria e conclusasi nel novembre del 2006 con l’esecuzione di 76 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal G.I.P. del Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo, in collaborazione con la Procura della Repubblica di Trani. L’operazione consentì di assicurare alla giustizia soggetti ritenuti vicini a due pericolosi sodalizi criminali che imperversavano nella città federiciana, riconducibili ad Agostino Pastore, capo storico della malavita locale, ucciso il 24 settembre del 2000 ed il secondo alla famiglia Pistillo, egemone nel quartiere ‘San Valentino’.

28.08.2013
Vito Stano

La musica nelle immagini: workshop di fotografia con Pansini e Boccalini

Workshop Talos Fotografiala musica nelle immagini a cura di F.project – Fiorito Foto Film e dei fotografi Andrea Boccalini e Maria Pansini, in programma dal 7-15 settembre 2013, presso il chiostro del convento dei domenicani in via Madonna delle Grazie a Ruvo di Puglia.

Quest’anno il festival Talos promuove il rapporto tra musica e fotografia con un momento di formazione affidato a professionisti del settore. Il percorso didattico parte da una introduzione teorica di tecnica e storia della fotografia, per poi sperimentare sul campo la pratica della ripresa dei concerti del festival, prevede infine verifica e lettura portfolio dei partecipanti. Di seguito il programma dettagliato del workshop.

PROGRAMMA:

SABATO 7 SETTEMBRE (SEMINARI IN AULA)

ore 10:00 - Maria Pansini
Approfondimento teorico sulla fotografia nel mondo della musica; attraverso la lettura guidata delle immagini di importanti autori si affronterà un percorso didattico sul racconto fotografico, contestualizzato nella realtà dei concerti live e del marketing legato all’immagine del musicista e della sua produzione discografica.

ore 15:00 - Andrea Boccalini:
Leggere la luce come elemento emotivo e descrittivo per un’introspezione del soggetto – Interpretazione e lettura del palco partendo dalla composizione dell’immagine in funzione del come muoversi durante un concerto in funzione degli artisti e del pubblico – Aspetto Narrativo e concettuale dell’immagine – Da produttori di immagini a fotografi, limiti e prospettive della fotografia di scena nell’era del digitale – Fuori e dentro il palco, come superare le categorizzazioni – svendersi o promuoversi, il rischio della scomparsa della figura professionale del fotografo di scena.

DALL’ 8 AL 15 SETTEMBRE

Applicazione pratica (a cura di Maria Pansini) : 
Sessioni fotografiche guidate durante il sound-check e i concerti al fine di mettere in atto concretamente le nozioni, gli accorgimenti e i parametri affrontati nella parte teorica. Coloro che si iscrivono al workshop avranno un pass photo speciale per accedere gratuitamente ai vari eventi del Talos Festival.

Verifica finale e lettura portfolio:
Al termine del Festival verrà organizzato un incontro con la docente Maria Pansini per la verifica e la valutazione del lavoro svolto.

Costo del workshop integrale: 140 €
Costo della sola lezione teorica del 7 settembre: 40 €
numero massimo di partecipanti alla sezione pratica: 15

Per iscriversi è necessario versare un acconto di 40 € presso F.project – Fiorito Foto Film in via Postiglione 10 a Bari.


DOCENTI:

Andrea Boccalini: Fotografo trentaseinne, ha iniziato la propria attività da professionista con il reportage lavorando in diversi progetti in Guatemala, su lavoro minorile e movimenti di resistenza campesina contro lo sfruttamento delle risorse minerarie. Progetti che sono sfociati in una mostra per l’Onu dei giovani e per la pubblicazione “Conflictos mineros y pueblos indigenas en Guatemala” di Joris van de Sandt. Dopo il reportage è subentrata la passione per la fotografia di scena teatrale e jazz e per la ritrattistica. Negli ultimi tre anni ha collaborato con riviste nazionali ed internazionali (New York Times, New York Post, Repubblica, Vanity Fair, XL, Il Mucchio Selvaggio, Jazztimes, Downbeat, Musica Jazz e molte altre) e ha scattato le immagini di oltre ottanta dischi. Annovera tra le sue collaborazioni foto di booking e dischi con: Paolo Fresu, Fabrizio Bosso, Enrico Rava, Enrico Pieranunzi, Horacio el Negro Hernandez, Oregon, Antonio Sanchez, Paul Motian, Michael Blake, Antonello Salis, Giovanni Guidi, Giovanni Hidalgo, Dino Saluzzi, Michael Blake, Roy Hargrove, Roberta Gambarini, Anja Lechner, Giovanni Falzone, John Taylor e molti altri. Mentre in teatro oltre a seguire produzioni indipedenti, ha lavorato con Peter Stein nella sua rilettura dei “Demoni”, Maddalena Crippa e Vincenzo Schino. In occasione della fase finale del leica Talent, selezionato tra oltre 45.000 Iscritti, si è riaccesa la passione per il reportage. Da quest’anno è Ambassador Leica, e mille voti lo hanno decretato miglior fotografo di jazz Italiano per il Jazzit Award.

Maria Pansini: nasce nel 1974 a Terlizzi; nel 1999 si laurea a Bari in Lettere moderne, con una tesi in Antropologia sul popolo Kurdo. Le regalano una macchina fotografica… primo istinto: viaggiare! L’Europa dell’Est è stata la sua prima meta: Praga, Vienna, Budapest, Berlino. A Praga visita la mostra di Josef Koudelka… una folgorazione. A Milano, supera la selezione per frequentare il CFP BAUER, storica scuola di fotografia. Collabora con il fotografo Pino Ninfa, nel campo della musica e dello spettacolo; realizza un reportage del tour Razmataz di Paolo Conte ed un lavoro nel Carcere di San Vittore, dove intanto insegna Italiano per stranieri. Lavora per Ninfa come stampatrice in camera oscura e lo segue per concerti (Umbria jazz-Perugia, Suoni e visioni-Milano). Dopo 8 anni di vita milanese decide di trasferirsi nuovamente a Sud: una questione di “luce”. Qui inizia la collaborazione con la galleria ADSUM, realizzando la prima personale “INCIDENTI MEDITERRANEI” e le collettive FIL ROUGE e SMALL ART, oltre che numerose altre esposizioni promosse dal gruppo ADSUM. Fonda l’associazione culturale “FACTORY arti visive” che promuove esposizioni, eventi e corsi fotografia. Entra in contatto con il Museo della fotografia presso il Politecnico di Bari, dove tiene dei seminari e cura progetti e mostre ( “Racconti della città vecchia” presso la Galleria Spazio Giovani di Bari, giugno 2012). Attualmente è insegnante di lettere, tiene corsi di linguaggio fotografico e organizza workshop ed eventi legati alla diffusione della cultura e dell’arte fotografica.

martedì 27 agosto 2013

Africa: popoli e natura - Il racconto per immagini di Roberto Cazzolla Gatti

Al ritorno da un viaggio in Kenya, quasi per effetto calamita, le occasioni per raccontare l'Africa si moltiplicano. Dopo la recensione di 'Ebano', fortunato libro del reporter polacco Ryszard Kapuściński edito da Feltrinelli, a cura di Sara Fiorente, segnaliamo una mostra fotografica dal titolo 'Africa: popoli e natura' di Roberto Cazzolla Gatti, biologo ambientale ed evolutivo

La mostra è aperta già da qualche giorno, dal 22 agosto per la precisione, e resterà aperta fino al 5 settembre presso la biblioteca comunale di Gioia del Colle, in provincia di Bari, città natia di Cazzolla Gatti.

La mostra, come si legge nella locandina, è liberamente ispirata al suo romanzo-saggio 'Il paradosso della civiltà', di cui Sara Fiorente ha proposto una recensione qualche settimana fa. 

Questa mostra, inoltre, segue la pubblicazione di un ebook fotografico edito da Villaggio Globale, inerente l'Indonesia, presso cui Cazzolla Gatti ha condotto recentemente le sue ricerche. ‘Indonesia. Il regno della bellezza’, questo il titolo, è un reportage nel cuore selvaggio dell'Indonesia, dove le attività umane si intrecciano e, spesso, confliggono con la Natura tropicale. Le isole di Java, Bali, Sumatra e Borneo con i loro vulcani fumanti e le colline vestite da risaie contrastano con le fabbriche, le spiagge ricoperte di plastica, le piantagioni di palma da olio che distruggono le rigogliose foreste (pagg. 72, 63 foto).

27.08.2013
Vito Stano

lunedì 26 agosto 2013

In Africa la solitudine è impossibile. Il mondo sommario di Kapuściński

«Il mondo dell'africano medio è diverso. È un mondo povero, sommario, elementare, ridotto a pochi oggetti base: una camicia, una ciotola, una manciata di semi, un sorso d'acqua. La ricchezza e la varietà del suo mondo non si esprimono in forme materiali, concrete, palpabili e visibili, ma nei valori e nei significati simbolici che l'uomo attribuisce agli oggetti più semplici, a infime cose invisibili ai non iniziati». (Ryszard Kapuściński)

Il reporter polacco Ryszard Kapuściński nel suo libro 'Ebano', edito per la prima volta nel 2000 da Feltrinelli, offre un’immersione profonda nel continente africano, e lo spirito con cui affronta il suo viaggio si evince dall’incipit di un capitolo in cui scrive: «Sono venuto a Kumasi senza uno scopo preciso. Di solito si pensa che sia sempre bene avere uno scopo preciso, nel senso di prefiggersi un obiettivo e perseguirlo. D’altro canto però, è una situazione che impone fatalmente dei paraocchi, perché si finisce per vedere solo il proprio scopo. E invece la marcia in più offerta da una visione quanto mai ampia e profonda può rivelarsi molto interessante e importante. Entrare in un mondo nuovo è come entrare in un mistero che può nascondere un’infinità di labirinti, di recessi, di enigmi e di incognite».  

Trasporrei questo concetto nella vita di tutti i giorni ed ecco annullata la regola che: bisogna sempre avere un obiettivo nella vita. Certo gli obiettivi servono a concentrarsi e a motivarsi, in un certo senso, ma come scrive Kapuściński, nello stesso tempo impongono dei paraocchi, che vanno ad ostacolare le scoperte che ciascuno di noi ogni giorno potrebbe fare. È come quando si è in una nuova città e si vuol a tutti i costi seguire un itinerario ben preciso, certo questo ci farà scoprire il monumento pluri-fotografato, la famosa chiesa, la meravigliosa cattedrale, ma magari non ci premetterà di scoprire i vicoli più stretti e nascosti dove aleggiano gli odori e i sapori di quella città, dove si può incrociare lo sguardo di una persona del posto.

Ecco che il libro 'Ebano', non parla dell’Africa in sé ma di alcune persone che vi abitano, e il reporter sostiene l’impossibilità di descrivere il continente, perché in realtà l’Africa non esiste, Africa è una pura denominazione geografica.

Il libro ripercorre alcuni aspetti storici del continente, come ad esempio il genocidio in Uganda o la prima guerra sudanese, ma dà prevalentemente voce alle persone che il reporter ha incontrato sulla sua strada, e da queste voci emergono le forme della cultura africana.

Gli spazi sotto gli alberi che nei villaggi sono quasi sacri, diventano aule scolastiche dove il maestro riunisce i suoi alunni, o una sorta di sala riunioni dove si riuniscono a consiglio gli adulti, o semplicemente una zona d’ombra durante le ore pomeridiane.

Kapuściński incontra i baganda e i loro conterranei karamojong e in loro scopre opposte visioni. I baganda tengono molto alla pulizia personale e indossano sempre vesti pulite e curate, coprendosi le braccia fino ai polsi e le gambe fino alle caviglie, al contrario i karamojong si ritengono belli solo se nudi, e la loro avversione per gli abiti nasce anche da un altro motivo e cioè osservarono che in passato ogni europeo che giungeva fino a loro si ammalava e dedussero che la causa delle malattie fossero i vestiti.  

Il reporter descrive inoltre i differenti riti funebri tra i bantu e i tuareg, mentre i primi seppelliscono i morti nei campi vicino le loro case, a volte addirittura sotto i pavimenti delle loro capanne, per far partecipare simbolicamente i defunti alla vita dei vivi, per consigliarli, vegliarli o anche castigarli. I tuareg, dalla natura più nomade, invece scelgono di seppellire i loro morti in punti casuali del deserto badando a non ritornare mai più in quel luogo. 
 
Un altro aspetto particolarmente curioso di cui si racconta, riguarda l’arte di raccontare: «In Europa a ogni guerra sono dedicati scaffali di libri, archivi zeppi di documenti, sale speciali nei musei. In Africa non esiste niente del genere. Per lunga e terribile che sia, qui la guerra sprofonda rapidamente nel dimenticatoio. Appena finita, le sue tracce spariscono: bisogna seppellire subito i morti, costruire nuove capanne al posto di quelle bruciate». In altri casi invece, seppur la si volesse raccontare, la guerra si combatte su vasti e tragici campi di morte irraggiungibili dai media, così che il resto del mondo resta nella completa ignoranza circa conflitti di proporzioni gigantesche.  

Le pagine di 'Ebano' raccontano ancora dell’indole collettivistica degli africani, delle tradizioni, dello scambio, del cammino e dell’imponente natura.

26.08.2013

Sara Fiorente