giovedì 29 aprile 2021

Riflessioni. Pensieri a cavallo tra giustizia, politica e storia. Tra reinserimento e storia

di Vito Stano

L'altro ieri un giudice e un avvocato (con tutta una pletora di collaboratori), a seguire una maxi operazione antimafia tra Bari e provincia di Bari, a seguire, ancora, altri arresti per furti operati dal comando dei Carabinieri del paesello addormentato all'ombra delle Murge dove passo la primavera. Insomma il tema della giustizia è primario, da qualunque punto si osservi la vita quotidiana non c'è modo di eludere con lo sguardo i nodi irrisolti. Non si può non vedere. E del resto sono così evidenti, che non vederli equivale a essere ciechi. Per non parlare che una volta iniziata la detenzione non è poi certo che il reo realizzi un effettivo percorso di recupero. Questa è una cosa che viene spesso lamentata da coloro che hanno la sfortuna di vivere in celle sovraffollate e in strutture carcerarie obsolete. 

Le associazioni che denunciano le pessime condizioni di detenzione non mancano di essere presenti nel dibattito, a questo, però, se ci aggiungiamo che molti di coloro che beneficiano delle misure alternative infrangono il patto andandosene a spasso o continuando a commettere reati nelle mura domestiche, il dado è tratto. Il nodo, per l'appunto resta irrisolto. Come irrisolto resta il nodo della storia e, in particolare, del Ventennio fascista. Nel 2021, anno secondo dell'imperio del Sars-Cov-2, le polemiche, solite e mai sopite di coloro che rigurgitano oggi come ieri frasi fatte, pensieri antistorici e falsità (roba da essere rimandati alla scuola elementare). Come quando, qualche anno fa, un amico, che si definiva orgogliosamente di Casa Pound, affermava la non esistenza delle camere a gas nei campi di sterminio nazisti. E, guardacaso, ero da poco tornato dalla visita ai campi di Auschwitz (per quella ragione discutevamo di tali argomenti), e sentire questa sciocchezza mi portò a dire con poca grazia all'amico dovresti, caro mio, tornare a scuola e ricominciare daccapo, perché se metti in dubbio queste cose non sei neo-fascista ma soltanto ignorante. Ignorava lui. Ma la cosa disarmante è che non è l'unico che ignora. Anzi direi che, se ci potessimo ammassare liberamente, vedremmo una lunga fila di persone che ignorano. 

E alle quali, come gita domenicale, suggerirei loro di andare a farsi un bel giretto ad Auschiwitz e Birkenau. Il problema non è solo culturale, sarebbe grave ma, se fosse circoscritto all'ambito dell'istruzione, sapremmo arginarlo. Invece il nodo cruciale è la strumentalizzazione storica che dilaga da un po' di anni a questa parte, complice una destra politica (figlia del MSI) al governo dell'epoca in forze e numeri come mai prima e una sinistra (figlia del PCI) che pur di smettere i panni del censore ha concesso di pareggiare i conti. Con grave problema lasciato in eredità alle generazioni che sono seguite. Da pochi giorni è passato l'anniversario della liberazione dal giogo nazi-fascista e le polemiche stucchevoli e ridondanti non sono mancate, come ogni anni ormai da un po' di anni. La resistenza e la lotta partigiana per liberare l'Italia dai nazisti e dai loro alleati repubblichini fascisti dileggiata (cosa ci poteva essere di più patriottico all'epoca e anche oggi?). I partigiani (comunisti e cattolici) trattati alla stregua di criminali comuni. 

E per venire ai giorni nostri, la vicenda delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata (soffocata a livello internazionale in funzione antisovietica), ma raccontata già in diverse pubblicazioni all'epoca dei fatti, è diventata il simbolo della memoria della destra politica. A ognuno i suoi morti. Il Paese disunito: l'Italia repubblicana, nata dalla resistenza al nemico nazista e al suo alleato nostrano fascista, soffre ancora oggi e, forse più che mai di una resistenza delle forze oscure, che, nonostante la storiografia e la pubblicistica abbiano fatto il loro lunghissimo corso nelle università e nei dibattiti pubblici, bramano un ritorno dell'ombra nera sullo Stivale. 

Ultimo, ma non ultimo, vorrei fare un appello mnemonico a tutti coloro che rivestono incarichi istituzionali e a coloro che sono impiegati nei ranghi della pubblica amministrazione: ricordatavi della Costituzione della Repubblica Italiana del 1948: democratica e antifascista. Tatuatevelo se necessario, tanto oggi va di moda.

martedì 27 aprile 2021

Riflessioni. Separazione delle carriere: servitori dello Stato o delinquenti patentati

di Vito Stano 

Ora scrivo, ma sono giorni che attendo questo momento. E, che sia chiaro, non si tratta del blocco dello scrittore (anche perché, ahimé, scrittore non sono), ma a volte i pensieri devono vagare e quando non li senti quasi più, quando il ricordo di quello che ti assillava è ormai flebile, di corsa prepari gli arnesi, riscaldi le dita, che come corridori sulle leggere salite della tastiera trovano il quadratino sul quale saltare e rimandare al video le lettere immaginate. Poi la musica, a volte aiuta, senza parole altrimenti si rischierebbe il caos. Le parole devono sgorgare da una sola fonte alla volta. Ora è il momento della fontanella custodita nel cranio. Dopo conversazioni multiple, letture tematiche e ascolto di una quantità di esperti di tutti quei settori dello scibile umano che mi rapiscono l'attenzione, è arrivato il momento di ordinare le mie idee, che condivido in questo spazio. 

Rinnovare l'agire politico 
La riflessione ripetuta fino alla nausea è stata, questa settimana, a proposito dell'agire individuale in rapporto all'etica del proprio ruolo nella comunità di appartenenza. Le maestre a scuola o i giudici e gli avvocati al sistema della giustizia: due temi non a caso, ma due situazioni tipo dalle quali incominciare a ragionare. Mi piacerebbe iniziare un dibattito pubblico a proposito di giustizia, del valore del termine e del suo rapporto con la nostra attuale società. Mi piacerebbe che la massa indistinta fosse meno anonima e oziosa, e magari si riuscisse a ricostituire una comunità che dibatte, che, se necessario si scontra sui temi caldi, una dialettica capace di produrre un agire rinnovato. Ho provato a immaginare cosa possano aver pensato a Bolzano della vicenda del giudice molfettese arrestato l'altro ieri a Bari e devo ammettere che l'esercizio mi ha divertito sulle prime, immaginando come in un tedesco italianizzato si raccontasse quanto fosse assurdo che un servitore dello Stato, ai massimi ranghi della struttura pubblica, possa accettare di cancellare l'etica dal suo orizzonte. 

Com'è possibile? Immaginare poi il giudice De Benedictis che nasconde le buste sigillate piene di banconote nei vani che ospitano i fili della corrente elettrica, mi mette tristezza: me lo immagino sudato che apre le cassettine e tutto concentrato mentre infila le buste colorate dalle banconote della BCE e riempie i vuoti. Quegli stessi vuoti della coscienza che stracolma di vergogna ha vuotano il sacco quando lo hanno colto sul fatto un'ordinaria mattina barese con 5.500 euro in borsa. Il costo della vergogna. Io non ci sto e vorrei gridare allo scandalo. Stesso discorso varrebbe per l'avvocato e i sui collaboratori e per l'appuntato dei Carabinieri. 

Chi è Stato? 
Insomma la rappresentazione plastica di uno Stato in rovina. E devo ammettere di aver pensato alla vicenda del maresciallo del nostro dormiente paesello murgiano arrestato per dei reati che, in confronto a quelli consumati in questa vicenda, sono bagatelle. Indubbiamente meglio (in gravità) fecero i carabinieri di Piacenza. E con un salto indietro nella memoria, penso alla vergogna di Genova, la polizia che viola tutti codici di comportamento. Vergogna sul corpo della Polizia all'epoca da poco riformato. E poi la vicenda che portò alla morte di Cucchi. Chi è lo Stato? 

Separazione delle carriere 
Insomma o i servitori dello Stato servono fedelmente lo Stato oppure è impossibile giocare la partita: già abbiamo il malaffare, che come la piovra dei mitici anni Ottanta, pervade ogni angolo della nostra vita, se a questo ci aggiungiamo la sfiducia nei confronti degli uomini che rappresentano lo Stato allora siamo alla frutta del pranzo democratico. Mi perdoneranno gli amici colombiani, ma quello che mi è venuto alla mente quando appena sveglio ho letto il comunicato della Procura di Lecce ho pensato ma che siamo in Colombia? Dov'è la separazioni dei poteri? E non penso alla tripletta di Montesquieu, sulla quale si fonda l'attuale e universale sistema democratico. Penso alla separazione tra poteri dello Stato e i poteri illegali: separiamo le carriere, come diceva in una canzone Zulù dei 99 Posse

Il ritorno della vergogna 
E mi torna alla mente la domanda che andava in voga (all'estero) durante l'epoca grigia di Silvio Berlusconi: come fate voi italiani a votarlo? Vi lascio immaginare la mia reazione: vergogna e rabbia per un Paese alla deriva, mal governato ieri come oggi oppure oggi come ieri. Tanto cambia poco: i protagonisti si avvicendano al timone ma la barca è sempre la stessa e, pergiunta, sempre più malandata. A chi toccherà di sanarla? La mia risposta è semplice e diretta: la politica. E chi la farà questa politica se non le persone unite in gruppi più o meno omogenei, pronti a discutere e obbiettare ma tesi alla risoluzione dei conflitti anziché all'inasprimento. Non c'è più tempo a tutte le latitudini dobbiamo riprendere il controllo delle redini altrimenti sarà troppo tardi. In alcune aree è già tardi, lo sappiamo. Ma non si può avere tutto. Basterebbe iniziare da qualche parte. Da qualche tema e magari quello etico potrebbe fungere da apripista.

lunedì 19 aprile 2021

Riflessioni. Norme garantiste e mancata onestà intellettuale: la scuola tra libertà di scelta e insicurezze

di Vito Stano 

La libertà e le garanzie di cui alcune categorie di cittadini e lavoratori godono sono invidiabili, diciamolo. Avrei voluto avere la garanzia del lavoro, ma ahimé non ce l'ho avuta. Avrei voluto avere la priorità vaccinale, ma anche questa non ce l'ho. E la cosa più interessante è che alcuni (ovviamente solo alcuni, non sappiamo quanti, ma diciamo solo alcuni) non riescono proprio a comprendere le fortune di cui godono. Penso al mondo della scuola (pubblica) e mi viene in mente un paradosso: se il governo proponesse ai ristoratori e agli operatori della ristorazione di aprire tutto a patto di sottoporsi al vaccino, forse la risposta della categoria (salassata a dovere dalla crisi-covid) risponderebbe con entusiasmo. Non so, è solo un pensiero. Forse mi piacerebbe che fosse così. Forse perché conosco il settore e forse perché il mondo della formazione (nel quale sono impegnato) è molto più simile alla stagionalità di quel mondo fatto di posate da lucidare e bottiglie da stappare piuttosto che al mondo della scuola pubblica. 

Vorrei che queste righe non fossero lette come un atto d'accusa verso qualcuno in particolare, ma se penso che lo smartworking ha cambiato la quotidianeità a molti e con essa anche la quantità di denaro in entrata nelle casse familiari (soltanto per alcune centinaia di migliaia di persone) e allo stesso tempo c'è chi, senza battere ciglio, ha percepito lo stipendio durante questo periodo lavorando con tempi ridotti, lavorando con sistemi perlomeno dubbi dal punto di vista formativo, lavorando con i polpastrelli su wapp, un po' da riflettere ci sarebbe. Di certo non è stato facile, dal canto mio posso testimoniare che non è stato facile (nei corsi di formazione), immagino quanto complesso possa essere stato vivere il caos nell'alveo dell'istituzione scolastica. 

Però una cosa resta e penso che peserà in un potenziale dibattito: ci sono momenti nella storia collettiva durante i quali le libertà e i diritti vengono compressi, ci piaccia o no. A me non piace in linea di massima, ma devo ammettere che il quotidiano pesa sul piatto della bilancia e mi viene dal profondo dell'apparato digerente un pensiero pessimo dal quale non riesco a muovermi.  Immagino uno schema di sintesi: la libertà di vaccinarsi degli operatori scolastici in cambio della trasparenza, cioè rendere noto alla comunità di riferimento (colleghi e genitori) la propria scelta libera. 

Dunque libertà di non subire un trattamento sanitario, in cambio di una rinuncia alla riservatezza. Del resto in vista del passaporto sanitario, mi pare alquanto ridicolo parlare di privacy. E, tra l'altro, visto che non c'è l'obbligo di vaccinarsi e, dunque, è garantita la libertà di scelta, perché farne un mistero? Se non si subiscono pressioni e la scelta è dettata dalla paura (vedi Astrazeneca e J & J) o magari da convinzioni no vax, non sarebbe onesto dirlo? Barattiamo porzioni di libertà quotidianamente e poi ci spaventa dire se abbiamo scelto di fare il vaccino? Mi pare paradossale anche alla luce dell'attenzione mediatica che ha subito la categoria medica, infermieristica, socio-assistenziale, che ha portato molti di noi (compreso chi scrive) a sostenere la tesi che riassumo così: o ti vaccini o fuori e di conseguenza niente stipendio. 

Questo dovrebbe essere la regola. Invece c'è chi è più garantito di altri. E questo è un fatto. Poiché il dilemma non è tra mandare o meno i figli a scuola, ma vaccinarsi non per sé ma per gli altri. Anziché sbandierare libertà abbiamo tutti bisogno di sbandierare solidarietà e onestà.

domenica 18 aprile 2021

Riflessioni. Sbandati come dopo un urto sordo e improvviso. Norme concedono libertà e inconsapevolezza

di Vito Stano 

La domenica è da sempre il giorno dedicato al riposo, alle pulizie e alla grasse mangiate in famiglia. Intanto in questo, troppo prolungato, periodo di crisi sanitaria mondiale viviamo a metà: le incertezze pesano sulle azioni quotidiane e nonostante i vaccini siano disponibili l'insicurezza non accenna a smorzare il tono grigio topo che ha colorato le nostre vite. Tuttavia troviamo il coraggio di rimandare i figli a scuola e riprendiamo un po' di quella normalità (dalla quale prima fuggivamo) e che oggi ci sembra l'unico approdo al quale vorremmo arrivare. 

Tutto va apparentemente bene, fino alla scoperta casuale (come quasi tutte le scoperte) che ci sono operatori scolastici, che hanno scelto in tutta libertà di non sottoporsi all'inoculazione del vaccino (come la legge gli consente) e che oggi si ritrovano positivi al Sars-Cov-19, mentre i genitori dei piccoli alunni si ritrovano in pena. Sbandati come dopo un urto sordo e improvviso.Visto che è domenica e neppure il call center regionale dedicato all'emergenza covid-19 è attivo (da lunedì al sabato per le questioni relative ai vaccini), cerco una traccia logica da seguire per evitare gli spigoli vivi e sfogo la frustrazione immaginando una conversazione a due alla quale la premessa l'abbiamo letta qualche rigo più su. 

«Ma non c'era l'obbligo?»
 
«No, era su base volontaria» 

«E allora per onestà intellettuale e trasparenza dell'istituzione scolastica i genitori non dovrebbero essere informati? Messi al corrente che la maestra Tizia o il collaboratore Caio ha deciso di non vaccinarsi e andare comunque a lavoro?» 

«Già, siamo in balia delle onde» 

«Io sostengo che il diritto è dalla loro parte, ma la morale no. Spiacente. Le norme che regolano il rientro a scuola, sbandierato come sicuro, dovrebbero perlomeno rendere edotti i genitori della situazione che i loro figli vivranno negli spazi formativi» 

«Cioè?» 

«È presto detto! Gli operatori scolastici hanno diritto a non vaccinarsi e i genitori hanno diritto a saperlo. In tal modo saranno consapevoli e potranno decidere in piena consapevolezza se mandare i figli a scuola in (quasi) sicurezza oppure tenerli a casa. Visto e considerato che abbiamo aspettato settimane e settimane e ancora settimane prima di riaprire le scuole» 

«Nessuno può obbligare per legge qualcun altro a subire un trattamento sanitario obbligatorio» 

«Tanto vero, ma visto che siamo in emergenza sanitaria, magari coloro che decidono di non vaccinarsi, cioè coloro che si rifiutano di proteggere sé stessi e, soprattutto, gli altri (immaginiamo bambini della scuola dell'infanzia che stanno in aula senza mascherina) dovrebbero renderlo noto a coloro che gli sono attorno. Per onestà, altrimenti mi viene da pensare che aveva ragione il presidente Emiliano. Altrimenti dov'è la sicurezza? Chi ha la possibilità di farsi il vaccino non lo fa e va lo stesso a lavorare. Questo non contrasta con l'etica della sicurezza che l'istituzione pubblica dovrebbe incarnare?» 

«In effetti è un casino»