di Vito Stano
Ora scrivo, ma sono giorni che
attendo questo momento. E, che sia chiaro, non si tratta del blocco dello
scrittore (anche perché, ahimé, scrittore non sono), ma a volte i pensieri
devono vagare e quando non li senti quasi più, quando il ricordo di quello che
ti assillava è ormai flebile, di corsa prepari gli arnesi, riscaldi le dita,
che come corridori sulle leggere salite della tastiera trovano il quadratino
sul quale saltare e rimandare al video le lettere immaginate. Poi la musica, a
volte aiuta, senza parole altrimenti si rischierebbe il caos. Le parole devono
sgorgare da una sola fonte alla volta. Ora è il momento della fontanella
custodita nel cranio. Dopo conversazioni multiple, letture tematiche e ascolto
di una quantità di esperti di tutti quei settori dello scibile umano che mi
rapiscono l'attenzione, è arrivato il momento di ordinare le mie idee, che condivido
in questo spazio.
Rinnovare l'agire politico
La riflessione
ripetuta fino alla nausea è stata, questa settimana, a proposito dell'agire
individuale in rapporto all'etica del proprio ruolo nella comunità di
appartenenza. Le maestre a scuola o i giudici e gli avvocati al sistema della
giustizia: due temi non a caso, ma due situazioni tipo dalle quali incominciare
a ragionare. Mi piacerebbe iniziare un dibattito pubblico a proposito di
giustizia, del valore del termine e del suo rapporto con la nostra attuale
società. Mi piacerebbe che la massa indistinta fosse meno anonima e oziosa, e
magari si riuscisse a ricostituire una comunità che dibatte, che, se necessario
si scontra sui temi caldi, una dialettica capace di produrre un agire
rinnovato. Ho provato a immaginare cosa possano aver pensato a Bolzano
della vicenda del giudice molfettese arrestato l'altro ieri a Bari e devo
ammettere che l'esercizio mi ha divertito sulle prime, immaginando come in un
tedesco italianizzato si raccontasse quanto fosse assurdo che un servitore dello
Stato, ai massimi ranghi della struttura pubblica, possa accettare di
cancellare l'etica dal suo orizzonte.
Com'è possibile? Immaginare poi il
giudice De Benedictis che nasconde le buste sigillate piene di
banconote nei vani che ospitano i fili della corrente elettrica, mi mette
tristezza: me lo immagino sudato che apre le cassettine e tutto concentrato
mentre infila le buste colorate dalle banconote della BCE e riempie i vuoti.
Quegli stessi vuoti della coscienza che stracolma di vergogna ha vuotano il
sacco quando lo hanno colto sul fatto un'ordinaria mattina barese con 5.500
euro in borsa. Il costo della vergogna. Io non ci sto e vorrei gridare allo
scandalo. Stesso discorso varrebbe per l'avvocato e i sui collaboratori e per
l'appuntato dei Carabinieri.
Chi è Stato?
Insomma la
rappresentazione plastica di uno Stato in rovina. E devo ammettere di aver
pensato alla vicenda del maresciallo
del nostro dormiente paesello murgiano arrestato per dei reati
che, in confronto a quelli consumati in questa vicenda, sono bagatelle.
Indubbiamente meglio (in gravità) fecero i carabinieri
di Piacenza. E con un salto indietro nella memoria, penso alla vergogna
di Genova, la polizia che viola tutti codici di comportamento. Vergogna sul
corpo della Polizia all'epoca da poco riformato. E poi la vicenda che portò
alla morte di Cucchi. Chi è lo Stato?
Separazione delle carriere
Insomma
o i servitori dello Stato servono fedelmente lo Stato oppure è impossibile
giocare la partita: già abbiamo il malaffare, che come la piovra dei mitici
anni Ottanta, pervade ogni angolo della nostra vita, se a questo ci aggiungiamo
la sfiducia nei confronti degli uomini che rappresentano lo Stato allora siamo
alla frutta del pranzo democratico. Mi perdoneranno gli amici colombiani, ma
quello che mi è venuto alla mente quando appena sveglio ho letto il comunicato
della Procura di Lecce ho pensato ma che siamo in Colombia? Dov'è la
separazioni dei poteri? E non penso alla tripletta di Montesquieu, sulla quale
si fonda l'attuale e universale sistema democratico. Penso alla separazione tra
poteri dello Stato e i poteri illegali: separiamo le carriere, come diceva in
una canzone
Zulù dei 99 Posse.
Il ritorno della vergogna
E mi
torna alla mente la domanda che andava in voga (all'estero) durante l'epoca
grigia di Silvio Berlusconi: come fate voi italiani a votarlo? Vi lascio
immaginare la mia reazione: vergogna e rabbia per un Paese alla deriva, mal
governato ieri come oggi oppure oggi come ieri. Tanto cambia poco: i protagonisti
si avvicendano al timone ma la barca è sempre la stessa e, pergiunta, sempre
più malandata. A chi toccherà di sanarla? La mia risposta è semplice e diretta:
la politica. E chi la farà questa politica se non le persone unite in gruppi
più o meno omogenei, pronti a discutere e obbiettare ma tesi alla risoluzione
dei conflitti anziché all'inasprimento. Non c'è più tempo a tutte le latitudini
dobbiamo riprendere il controllo delle redini altrimenti sarà troppo tardi. In
alcune aree è già tardi, lo sappiamo. Ma non si può avere tutto. Basterebbe
iniziare da qualche parte. Da qualche tema e magari quello etico potrebbe
fungere da apripista.
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