martedì 31 agosto 2010

I mille problemi del settore caseario

Per questa edizione della Sagra della Mozzarella è stato organizzato dall’amministrazione di Gioia del Colle, in provincia di Bari, anche un momento di confronto tra tecnici e operatori del settore lattiero-caseario, che è stato utile per far il punto della situazione in particolare su alcune questioni scottanti.

La prima riguarda il contrasto tra produttori di latte e trasformatori: i primi chiedono, tra l’altro, una certificazione visibile sul prodotto finito, che “racconti” il percorso del latte utilizzato per la trasformazione in mozzarelle, al fine di dare maggiore visibilità ad un prodotto tradizionale così importante per l’economia locale, oltre che per evitare che i trasformatori, per risparmiare sui costi della materia prima, utilizzino, invece del latte locale, un latte in polvere, come alcuni controlli hanno già dimostrato.

La seconda questione emersa è stata la diatriba aperta sul nome con cui si dovrebbe chiedere la Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.). Il direttore del GAL Gioia del Colle, Noci, Putignano Matteo Antonicelli ha reiterato una sua proposta che prevede di identificare il prodotto tipico come “Treccia della Murgia dei Trulli”, che comprenderebbe il prodotto di Gioia del Colle e delle zone limitrofe. Proposta questa accettata da una rappresentanza di produttori presenti al convegno.

Altra interessante notizia è stata quella che ha dato il Preside della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, il quale ha tenuto ad informare i presenti sull’istituzione di corsi innovativi relativi alle tipicità economiche e vocazionali del territorio pugliese. In tutta la regione Puglia nasceranno dieci istituti superiori pensati per formare le nuove generazioni in diverse discipline, tra cui la meccanica aerospaziale e l’agroindustria, poli d’eccellenza della nostra Regione.

Non è passata in silenzio la notizia che la “dieta mediterranea” diventerà a breve Patrimonio dell’Umanità, portando con se molte implicazioni positive, ma anche molti controlli, che andranno a certificare tutti gli step della filiera. Per far questo chiosa il direttore del GAL «occorre fare sistema e far nascere un Consorzio di produttori e trasformatori», «che –aggiunge qualcuno tra il pubblico- si faccia carico anche di spalmare i costi per lo smaltimento del siero in modo equo tra produttori e trasformatori –ricordando che- la bravura dei maestri caseari gioiesi non deve far dimenticare il duro lavoro degli allevatori e la bontà della materia prima».

di Vito STANO
pubblicato su vglobale.it

martedì 24 agosto 2010

Vandana Shiva a Cisternino

Una fresca serata d’agosto ha fatto da cornice al racconto appassionato di una grande donna, la scienziata e ambientalista Vandana Shiva, nota in tutto il mondo per la chiarezza delle sue posizioni in tema di globalizzazione, ogm, biodiversità, colture intensive, desertificazione, e di ciò che lei chiama “la democrazia della terra”.

La platea, ospitata sull’aia della Masseria Montereale a Cisternino, splendido esempio di masseria fortificata, per una ora ha ascoltato rapita il racconto, prima in inglese e simultaneamente tradotto in italiano, di Vandana Shiva, che ha da subito espresso un ringraziamento alla Regione Puglia, e ai suoi governati, per la presa di posizione sulla questione dell’acqua e, contestualmente, della sua gestione, per poi partire con il suo lungo e impegnato viaggio a ritroso negli anni alla scoperta di luoghi a noi sconosciuti, ma che attraverso le parole della scienziata si sono dispiegati nel buio della notte, tra differenze geomorfologiche e analogie nelle lotte per i diritti dei popoli.

Il racconto di questa donna ha spalancato le porte della percezione sensoriale, come forse gli organizzatori del Festival dei Sensi speravano accadesse. Non poteva essere altrimenti, vista la gravità dei temi trattati e l’urgenza con cui gli stessi ribaltano l’agenda politica.

L’edizione 2010 del Festival dei Sensi è volta al termine, dunque, parlando di acqua e di lotte, di diritti non acquistabili perchè non in vendita, si è parlato di multinazionali e di governi ostili e altre storie di ordinaria sopraffazione. Ma si è parlato anche di speranza, di solidarietà tra i popoli e di vittorie dell’umano sul capitale, eterno corruttore dell’animo umano.

di Vito STANO
pubblicato su vglobale.it

giovedì 12 agosto 2010

Differenziata - La Puglia migliora ma non... corre

Le differenze tra le cittadine pugliesi sono considerevoli, difatti osservando i dati statistici relativi ai chilogrammi di rifiuti solidi urbani conferiti, divisi in indifferenziata e differenziata, si nota una sperequazione notevole.


Leggendo con attenzione i dati mensili pubblicati sul sito della Regione Puglia www.rifiutiebonifica.puglia.it, trasmessi da ogni Comune mensilmente (tranne alcune eccezioni), è possibile tracciare un quadro per niente scontato. Ne viene fuori, infatti, un spaccato variegato che non guarda alla provincia di appartenenza, ma piuttosto al numero di abitanti, infatti in un numero di casi considerevoli sono i piccoli Comuni che riescono a raggiungere percentuali ragguardevoli di rifiuti differenziati, mentre le grandi città e a sorpresa le città turistiche più in voga peccano da questo punto di vista (Ostuni 5,86%, dato di giugno 2010; Vieste 13,24%, dato di giugno 2010; Alberobello 8,37%, dato di giugno 2010).


Le cinque province pugliesi, scomposte in quindici ATO, raccontano, dunque, di esempi eccellenti e di cittadine in cui la raccolta differenziata pare sia un optional.


Delle tre ATO che compongono la provincia di Lecce, tenendo conto delle differenze di utenza, la più virtuosa è l’ATO LE/2, che con una percentuale dell’ultimo mese rilevato, luglio 2010, si attesta 28,45% di rifiuti differenziati (Rif. Diff.) contro un 16,23% dello scorso anno. Delle due ATO brindisine la BR/2 ha raggiunto una percentuale ragguardevole nel 2010, attestandosi al 55,29% di Rif. Diff. contro il 20,75% dello scorso anno. Per quanto riguarda l’ATO TA/3, una delle due della provincia di Taranto, la percentuale di differenziata rasenta il 20%, attestandosi al 19,11% di quest’anno contro il 14,82% del 2009.


La provincia di Bari, invece, con le sue quattro ATO propone dei dati interessanti, che rivelano, tranne nell’ATO BA/5, una sensibile riduzione della quantità di rifiuti differenziati rispetto al 2009. L’ATO BA/5 si attesta al 21,78% contro il 15,56% dello scorso anno.


La provincia di Foggia, composta da quattro ATO, presenta lo stesso trend negativo della provincia barese: soltanto uno dei quattro ambiti di gestione, ATO FG/5 presenta una piccolissima variazione in positivo rispetto allo scorso anno, lasciando quasi invariata la percentuale del luglio 2009, attestatasi al 14,57%, rispetto a quella del luglio 2010 fermatasi al 14,59%.


Dunque, questi dati ci conducono a comprendere meglio le differenze che intercorrono tra le diverse province pugliesi per quel che riguarda la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. Inoltre, i dati statistici sono utili per capire che le peculiarità territoriali fanno la differenza, poiché, com’è intuibile, le piccole cittadine sono più efficacemente organizzate per la raccolta differenziata per diversi motivi: si può ipotizzare che nelle piccole realtà ci sia un controllo più rigoroso ed efficace o una maggiore compattezza della comunità, tale per cui la pratica di differenziare i rifiuti viene considerata utile all’insieme della comunità stessa e pertanto i cittadini sono maggiormente indotti a “fare” la differenziata.


Le cause, invece, che tengono le grandi città pugliesi ancorate a percentuali di raccolta differenziata ancora troppo bassa, seppur con notevoli balzi in avanti in alcuni casi (vedi Bari 18,44%, dato di marzo 2010; Lecce 15,93%, dato di aprile 2010; Brindisi 8,98%, dato di giugno 2010; Foggia 8,09%, dato di giugno 2010; della città di Taranto non ci sono dati aggiornati) sono da ricercarsi, forse, in un territorio troppo vasto da controllare, oltre che in una minore coesione sociale, caratteristica tipica delle piccole comunità.


E’ chiaro che ci sono delle eccezioni, difatti città come Bisceglie 20,53%, Molfetta 30,81%, Corato 21,68%,comprese nell’ATO BA/1, si attestano su percentuali interessanti.


Da questi dati emerge, dunque, che la politica regionale di incentivi, per quanto importante, non è determinante; invece lo sono le ordinanze amministrative di ogni Comune, che, a quanto pare, è l’ente territoriale che incide maggiormente sulle buone pratiche.


di Vito Stano
pubblicato su vglobale.it il 12/08/2010