«La
punta dell'iceberg del disastro da diossina provocato dal centro siderurgico
più grande d'Europa è la masseria di Angelo Fornaro e figli, Vincenzo e
Vittorio, in contrada Carmine. Una masseria dell'Ottocento in un posto
bellissimo, dove l'estate dura quattro mesi e la primavera sei. E dove le
pecore sono felici, perché l'erba è verde e abbondante. Ma quelle pecore, 500,
l'intero allevamento dei Fornaro, sono contaminate e verranno abbattute». Così
scriveva all’epoca dei fatti, il 10 ottobre del 2008, il giornalista Carlo Vulpio
sul Corriere della Sera. Una storia amara, che oggi, e dopo il 26 luglio in
particolare, è stata assurta a simbolo di una tragedia non dimenticata, ma
occultata.
La
regione Puglia con delibera di giunta ordinò l’abbattimento di 1.200 animali,
colpevoli d’aver brucato erba alla diossina. Quella diossina che è presente nell'aria
di Taranto tre volte in più rispetto a quanta ne sprigionò la nube tossica di
Seveso nel 1976, perché la diossina si accumula.
«L'acciaieria
l'ho vista nascere - disse Vincenzo Fornaro a Carlo Vulpio -, ero un ragazzino.
Ci portò via cento ettari di terra, oliveti e vigneti, e la odiai subito. Ma
oggi la odio con tutte le mie forze perché ha avvelenato la mia terra, i miei
animali, la mia anima».
La
manifestazione di sabato è stata l’occasione per incontrare Vincenzo Fornaro e
fargli alcune domande.
a
cura di Vito Stano
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Da sinistra: Vincenzo Fornaro - Foto Vincenzo De Pamis |
La città di Taranto può
guardare al futuro puntando all’allevamento e alla pesca?
Il
futuro di Taranto deve diventare di nuovo la pesca e l’allevamento, per fare
questo bisogna assolutamente smettere di inquinare il territorio. Quindi prima
di avviare le bonifiche, di cui in questi giorni tanto si parla, occorre far
chiudere tutte le fonti inquinanti, altrimenti non avrebbe senso, sarebbe un
ennesimo spreco di soldi pubblici.
Dunque cosa fare?
La
magistratura sta agendo nel migliore dei modi, purtroppo non si può dire
altrettanto del governo; dall’inizio di questa storia la classe politica, dal
livello locale ai palazzi romani, è stata completamente assente e adesso che è
intervenuta sta facendo solo danni. Il ministro dell’Ambiente Clini non ha
speso una parola per chi è stato danneggiato.
Adesso che lavoro fa?
Pensi
che da l’azienda di famiglia, con sessanta ettari di terreno, è completamente
inutilizzata perché c’è il divieto di pascolo nel raggio di venti chilometri; oggi
non avrebbe senso rimettere altri animali da pascolo perché si contaminerebbero
e sarebbero abbattuti.
E quindi da dove traete
reddito?
Andiamo
a fare giornate lavorative presso altre aziende agricole. Siamo passati dall’essere
imprenditori e offrire noi reddito ad altre famiglie, a doverci cercare a nostra
volta una fonte di reddito.
I vostri diritti sono stati repressi
per difendere quelli dei lavoratori della fabbrica, che ne pensa?
Parlano
di diritto all’impresa, anche noi avevamo il diritto all’impresa, che è stato
completamente calpestato. Davamo lavoro a quindici persone, che, da quattro
anni come noi, cercano di tirare avanti facendo altri lavori. Non capisco
perché si deve privilegiare un’unica classe lavorativa a discapito delle altre.
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