I
cinghiali nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia saranno oggetto di riduzione
numerica e di monitoraggio delle popolazioni. Lo ha stabilito l'ente Parco che
ha presentato, presso il Chiostro di San Francesco ad Andria, il piano di
gestione del cinghiale elaborato in collaborazione con il Dipartimento di
Biologia dell'Università degli Studi di Bari. Il piano si è reso necessario in conseguenza
delle criticità prodotte dall'immissione di questi capi nel territorio
effettuata dall'Amministrazione Provinciale di Bari negli anni 2000-2001-2002 e
per ricomporre gli squilibri ecologici determinati dalla stessa immissione. Il
piano è stato presentato dal presidente dell'ente Parco, Cesare Veronico, dal
direttore dell'Ente Fabio Modesti, dai curatori del piano Anna Grazia
Frassanito, funzionaria Naturalista dell'ente Parco e prof. Giuseppe Corriero,
e dal coordinatore CTA/Parco del Corpo Forestale dello Stato, Ruggiero Capone.
«Siamo
qui per porre rimedio a un problema che non abbiamo determinato noi – ha detto
il Presidente
Veronico –. Tra il 2000 e il 2002, l'ATC della Provincia di Bari immise nel
nostro territorio
circa 170 capi di cinghiale, estranei ai nostri habitat e, peraltro, di una
varietà proveniente dall'est europa. Una decisione sconsiderata – ha aggiunto
Veronico – che ha provocato conseguenze gravi, come testimoniato dai danni
provocati alle aziende agricole del Parco: soltanto nel periodo compreso tra il
2007 e il 2012 abbiamo ricevuto richieste di indennizzo
dei danni per circa 170mila euro, con una progressione crescente di anno in
anno. Nel computo, tra l'altro, non sono inclusi i danni per incidenti stradali
provocati da cinghiali ed i relativi contenziosi risarcitori ed i danni procurati
alle specie autoctone, alla flora ed alla fauna che caratterizzano il nostro
Parco». Nel giro di pochi anni, i cinghiali si sono riprodotti esponenzialmente
fino a quasi decuplicarsi. Adesso l'ente è chiamato a procedere con urgenza al
ridimensionamento del fenomeno.
Durante
la conferenza stampa il Presidente dell'ente Parco ha rivelato che nei mesi
scorsi sempre
l'ATC Bari ha effettuato, appena fuori dai confini del Parco, ripopolamenti di
lepri provenienti
anch'esse dall'Est Europa. «Inoltre – ha proseguito Veronico – l'ATC Bari
ha pubblicato sul proprio sito ufficiale mappe di idoneità ambientale del
territorio provinciale per la presenza di nuove specie sul nostro territorio:
oltre al cinghiale vi è l'intenzione di introdurre i caprioli. Per questo mi
rivolgo al presidente della Provincia Schittulli, anche nelle sue vesti di presidente
della Comunità del Parco, affinché intervenga con fermezza per evitare nuovi disastri
per gli ecosistemi e per le attività agricole».
I
dettagli del piano e lo spirito alla base del progetto sono stati esposti dal
direttore dell'ente Parco, Fabio Modesti che ha rammentato come quello della
proliferazione di cinghiali sia un problema europeo e nazionale di complessa
gestione. «Nel nostro Parco – ha affermato Modesti – con il cinghiale sono
tornati predatori importanti, come il lupo, determinando un nuovo equilibrio
ecologico di cui dobbiamo tener conto. Il piano interviene per non alterare il
rapporto preda/predatori con analisi ed interventi estremamente mirati. Per questo
I'ISPRA, nel suo parere obbligatorio e vincolante, si è complimentato con
l'Ente; attendiamo ora i pareri del Ministero dell'Ambiente, che già sappiamo
essere favorevole, e la Valutazione di Incidenza della Regione».
Il
piano sviluppa costi per 186mila euro in tre anni e prevede una gestione,
soprattutto dal punto di vista sanitario, estremamente delicata. Basti pensare
al rischio di trasmissione della trichinellosi o di altre malattie
trasmissibili all'uomo, che possono anche essere mortali. L'ente Parco chiederà
alla Provincia di Bari di contribuire finanziariamente e strumentalmente al
piano, nei rispetto del principio secondo il quale chi ha determinato la
situazione deve farsi carico anche delle conseguenze. Il Corpo Forestale dello
Stato è chiamato ad attuare il piano con altri attori «dopo aver
contribuito – ha affermato Ruggiero Capone – al monitoraggio delle popolazioni di
cinghiale durato tre anni. L'ente Parco si è mosso con estrema tempestività,
segno che si hanno ben chiare le dinamiche sul territorio. La crescita
esponenziale delle popolazioni del cinghiale nel Parco ha portato nell'area
protetta squadre di pseudo-cacciatori e bracconieri contro i quali il livello
di sorveglianza del CTA è estremamente alto».
(fonte Parco Nazionale dell'Alta Murgia)