La vita di Chris, così come quella di tanti aspiranti abitanti della Natura estrema, si era, già in giovane età, contraddistinta da continue richieste di evasione da quella che riteneva una gabbia sociale. Per Chris la vita borghese, incarnata dai suoi genitori, sarebbe stata la tomba e dunque, al termine del suo percorso di studi, intraprese un viaggio che avrebbe dovuto concludersi in pochi mesi, ma che invece divenne il viaggio della vita.
Le peregrinazioni di Chris, in quell’ovest americano sognato e ricercato da tanti amanti della natura selvaggia, si concluderanno dopo circa due anni, quando, dopo aver lavorato e vissuto in diversi luoghi del profondo ovest, le estreme terre del 49° Stato americano lo accoglieranno e lo sfameranno per molte settimane. In Alaska McCandless realizzò finalmente il suo obiettivo di vita immersa nella natura in perfetta solitudine: si cibò di radici e cacciò selvaggina, ma quando decise di ritornare alla civiltà qualcosa andò storto. Il fiume, che guadò al suo arrivo in quelle terre, fu la sorpresa che evidentemente McCandless non si aspettava, la piena estiva lo costrinse a ritornare al suo accampamento per riprendere la vita selvaggia. Paradossalmente quale campo base per la sua vita in natura Chris scelse la carcassa di un autobus, sulle cui pareti lasciò i suoi ultimi messaggi.
Le storie suggestive racchiuse nel volume di Krakauer fanno crescere nel lettore la voglia di vivere imprese simili, ma non solo. Ciò che lascia interdetti è la scoperta di un universo abitato da persone devote a quel mito della Natura selvaggia, di cui oggi molti riserbano soltanto le storie del passato, senza pensare di poterle vivere nel presente.
Recensione del libro di Jon Krakauer “Nelle terre estreme” edito da Corbaccio (14,11 euro).
06.03.2012
Vito Stano
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