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lunedì 26 agosto 2013

La vera tribù di ‘Avatar’ assesta il colpo mortale alla miniera di Vedanta

La lotta dei Dongria è stata paragonata a quella dei Na'vi del celebre
film 'Avatar'. 
© Survival
La tribù dei Dongria Kondh, in India, ha rifiutato in modo schiacciante il progetto del famigerato gigante minerario Vedanta Resources, che spingeva per aprire una miniera a cielo aperto sulle colline di Niyamgiri, a loro sacre. Per i diritti indigeni è un trionfo senza precedenti. Tutti e dodici i villaggi dongria in cui si sono tenute le consultazioni ordinate dalla Corte Suprema indiana nell’aprile 2013, hanno votato all’unanimità contro la miniera di Vedanta. Il tribunale aveva deciso di far effettuare le consultazioni perché, se il progetto minerario fosse stato realizzato, i diritti religiosi, culturali e sociali della tribù sarebbero stati minati.

«Il nostro Dio vive in spazi aperti» aveva detto il leader dongria Lodu Sikaka. «Voi tenete il vostro Dio chiuso a chiave. Noi non lasceremo mai Niyamgiri. Se il governo e i politici dovessero chiederci di farlo, noi combatteremo». La miniera avrebbe distrutto le foreste e interrotto il corso dei fiumi delle colline di Niyamgiri, fulcro della vita e dell’identità degli 8.000 membri della tribù, segnando così la fine dei Dongria come popolo auto-sufficiente. La loro lotta è stata internazionalmente paragonata a quella della tribù dei Na’vi del colossal hollywoodiano Avatar.

I Dongria sono stati elogiati per la loro strenua determinazione. Sono sempre rimasti compatti e decisi a salvare le loro colline nonostante le intimidazioni e le molestie subite da parte della polizia paramilitare, e le continue dichiarazioni di Vedanta Resources, secondo cui la tribù era a favore della miniera. Nel corso della lotta per difendere Niyamgiri, alcuni leader dongria sono stati imprigionati e torturati, ma la resistenza della tribù è continuata. I risultati delle consultazioni devono essere ora valutati dal Ministro indiano dell’Ambiente e delle Foreste, a cui spetta l’ultima parola in merito, ma difficilmente sarà dato il via libera alla miniera.

Il rifiuto schiacciante dei Dongria Kondh non solo assesta un colpo mortale ai progetti minerari di Vedanta nello stato di Odisha, ma contraddice anche le affermazioni della compagnia. «Sulla base della nostra ampia attività di consultazione» aveva ad esempio dichiarato Vedanta, «è nostra sincera opinione che il progetto sia ben accetto dalla grande maggioranza della popolazione locale, tra cui diversi popoli indigeni, dalla più vasta popolazione dell’Orissa e da altri importanti protagonisti».

La storia di Vedanta fornisce una lezione importante alle società che mirano a estrarre risorse dalle terre dei popoli indigeni: non si può procedere senza il libero, prioritario e informato consenso delle comunità coinvolte. Survival International e i suoi sostenitori hanno appoggiato la lotta dei Dongria: hanno organizzato proteste in vari paesi del mondo, inviato migliaia di lettere al governo indiano, coinvolto celebrità come Claudio Santamaria in Italia e Joanna Lumley e Michael Palin all’estero, e portato la battaglia della tribù all’attenzione mondiale. Il modo in cui Vedanta tratta i Dongria è stato condannato, tra gli altri, anche dal Governo britannico e da diversi azionisti, come la Chiesa d’Inghilterra, che hanno rinunciato ai loro investimenti nella compagnia per ragioni etiche.

«Vedanta ha continuato a sostenere che gli indigeni fossero a favore della miniera nonostante tutte le prove dimostrassero il contrario. I Dongria hanno chiaramente dimostrato che non era vero» ha dichiarato oggi il direttore generale di Survival International, Stephen Corry. «Vedanta deve cambiare radicalmente il suo modo di fare affari. Se il governo indiano non dovesse chiudere questo progetto una volta per tutte, sarà un’evidente negazione della giustizia e dei diritti umani».

Scarica una cronistoria della campagna di Survival e della lotta dei Dongria Kondh contro la miniera di Vedanta Resources (PDF in italiano, 258 kB).

Guarda il filmato Mine, narrato da Claudio Santamaria con cui Survival ha fatto conoscere la lotta dei Dongria Kondh al largo pubblico.

(fonte Survival International)

mercoledì 24 aprile 2013

Amazzonia: proteste in tutto il mondo contro espansione progetto gas


I sostenitori di Survival International hanno manifestato ieri davanti alle ambasciate e ai consolati peruviani di San Francisco e di varie città europee contro l’espansione del progetto del gas Camisea nella foresta amazzonica del Perù, che minaccia le vite degli Indiani incontattati. 

L'espansione del progetto Camisea minaccia le vite delle tribù
incontattate della Riserva Nahua-Nanti - © Survival
Con cartelli e maschere anti-gas, i manifestanti hanno denunciato gli effetti letali del progetto Camisea sulle tribù incontattate che abitano nell’area. In seguito, hanno consegnato alle ambasciate e ai consolati peruviani taniche di benzina contenenti i nomi delle 120.000 persone che hanno firmato la petizione urgente lanciata da Survival. La petizione chiede al Presidente del Perù di impedire ai forestieri e alle compagnie di invadere la terra delle tribù incontattate.

Nonostante anche l’ONU abbia chiesto la «sospensione immediata» dei lavori, il Ministro dell’Energia peruviano sta per approvare un’importante espansione del progetto che, con tutta probabilità, risulterà devastante per le tribù. Camisea si estende proprio nel cuore della Riserva Nahua-Nanti – una zona creata per gli indiani incontattati , che funge anche da cuscinetto per il Parco Nazionale di Manu, definito dall’UNESCO «il luogo a più alta biodiversità di tutta la terra». Camisea è il progetto d’estrazione del gas più grande del Perù, ed è gestito dall’argentina Pluspetrol, dall’americana Hunt Oil e dalla spagnola Repsol. Gli indiani incontattati sono estremamente vulnerabili alle malattie introdotte dagli stranieri: negli anni ’80, le prime esplorazioni nel Lotto Camisea provocarono la morte di metà della popolazione nahua. Oltre ai rischi di trasmettere malattie tramite il contatto, i lavori minacciano anche di distruggere la foresta e di far fuggire gli animali da cui gli Indiani dipendono per la sopravvivenza.

«Espandere il progetto Camisea nel profondo del territorio degli Indiani incontattati è sconsiderato e profondamente irresponsabile» ha dichiarato oggi il Direttore generale di Survival International, Stephen Corry. «Migliaia di persone in tutto in mondo sono contrarie al progetto; l’ONU ha chiesto che sia sospeso; la legge internazionale proibisce l’espansione di Camisea. E allora perché questo progetto letale è ancora in auge? Il governo non solo sta mettendo a rischio la sua reputazione, ma si sta anche rendendo colpevole di violazione delle leggi internazionali».

(Survival International)