Ieri le dichiarazioni di voto sulla legge di stabilità alla Camera dei Deputati di Walter Veltroni (che ha annunciato il suo addio) e di Fabrizio Cicchitto (che ha sparato a zero su tutti); oggi le dichiarazioni in ordine sparso di molti esponenti politici a commento del fatto che Mario Monti, il senatore a vita e presidente del Consiglio dimissionario, non ha ancora sciolto la riserva. Si candida o no? Chissà, staremo a vedere.
Intanto dall'altra parte Antonio Ingroia, già procuratore aggiunto alla Procura di Palermo, spedito in Guatemala per un incarico dell'Onu, ha chiesto e ottenuto l'aspettativa per motivi elettorali. Il magistrato ha da subito scaldato gli animi di moltissimi militanti ai quali ha detto «qui mi sento a casa mia. La nostra piattaforma è alternativa al
berlusconismo e al montismo. Dobbiamo tra di noi trovare una sintesi per un
percorso comune. Se è così io sono a disposizione. Entro l'anno dobbiamo
decidere tutto e poi partire. Per quanto mi riguarda entro il 28, 29 dicembre
si deciderà ogni cosa. Per
fare un polo – ha affermato Ingroia – dobbiamo essere pragmatici: la discriminate è essere alternativi
al berlusconismo e al montismo. In questa cornice servono tutti: società civile
e partiti che in questi anni hanno resistito. Il confronto con il Pd e il M5S
non significa rinunciare ai nostri contenuti. Noi siamo autonomi e andremo con
i nostri punti»
Quindi quello che si paventava alla fine è accaduto, a molti (in primis Cicchitto & Co) non piacerà (e infatti lo hanno già dichiarato in maniera forte durante la dichiarazione di voto di ieri alla Camera), ad altri invece la scelta di Ingroia ha rappresentato quel quid tanto atteso, necessario per imprimere la svolta alla costruzione di un polo davvero alternativo al turbo-capitalismo.
La girandola di dichiarazioni non si è fatta attendere e difatti Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, soltanto qualche giorno fa a fronte di un'intervista del segretario del Pd Pierluigi Bersani ha dichiarato: «nell'intervista
al Wall Street Journal Bersani parla come il sosia di Monti. Tutti i disastri
prodotti da Monti vengono rivendicati e riproposti: dal pareggio di bilancio,
al rispetto del fiscal compact, alla conferma della manomissione dell'articolo
18, per arrivare alla fine alla riproposizione dell'alleanza di governo con il
centro. È la pura e semplice riproposizione delle politiche di austerità che
stanno distruggendo l'economia italiana e portando milioni di persone in
condizioni di povertà. Per questo noi alle elezioni presenteremo il quarto
polo: per uscire da sinistra dalle politiche di austerità».
Il movimento arancione si basa su alcuni pilastri, tra cui il
sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, il quale ha capito bene cosa sta accadendo e si
mostra preoccupato: «lo scenario più probabile è Bersani presidente del
Consiglio con un accordo politico con il terzo polo per portare Monti al
Quirinale. Uno scenario per non cambiare sostanzialmente granché di quelle che
sono le politiche economiche, sociali e dei diritti nel nostro paese. Per
questo c'è bisogno di una proposta innovativa forte. C'è bisogno di una
proposta forte per far comprendere che c'è bisogno di un vero cambiamento e di
spostare alcuni equilibri, altrimenti avremo più o meno la stessa situazione
che abbiamo oggi in Parlamento». De Magistris continua la sua analisi: «Abbiamo
visto che anche senza la presenza fisica di Berlusconi le diseguaglianze non si
sono affatto affievolite e non lo dico solo io da sindaco, ma ascolto le parole
pronunciate dal presidente di Confindustria o, di recente, dal presidente
dell'Acen di Napoli secondo cui le politiche di Monti stanno distruggendo le
imprese. Evidentemente – prosegue De Magistris – è un tema che si sente ed è un
pò inquietante che una critica così forte alle politiche di austerità del
Governo venga da esponenti dell'economia reale. C'è bisogno di un cambiamento
forte – conclude – e non credo sia quello di un accordo Bersani-Monti».
Dunque che fare? Anche su questo punto Luigi De Magistris pare convinto e afferma che in
queste ore sta sentendo Di Pietro, che nei giorni scorsi ha mostrato disponibilità
a scommettere su una lista 'rosso-arancione' con Prc e il Movimento Arancione
del sindaco di Napoli. «Di Pietro? – si chiede l'ex magistrato – lo sto sentendo, vediamo cosa succede,
questa settimana è decisiva» e conferma dei tempi brevi per la
presentazione della lista e chiude dicendo che «non si può andare oltre Natale».
Invece sull'altra sponda politica, quella di destra, la desolazione è totale. Se anche Fabrizio Cicchitto alla Camera ieri ha dichiarato che la sinistra ha fatto passi importanti per affrontare una campagna elettorale che si prevede durissima, al contrario del Pdl che già inizia a perdere pezzi. 'Il Centrodestra nazionale' è la creatura appena nata dalla volontà di Ignazio La Russa di smarcarsi dalla probabile debaclè berlusconiana. Intanto l'esercizio delle primarie ha lasciato dietro di sè la scia degli illusi, tra coloro che avevano creduto nella democrazia interna c'era Giorgia Meloni, già ministro dell'ultimo governo Berlusconi e già presidente della Giovane Italia, formazione giovanile del Pdl. La Meloni aveva creduto nel cambiamento di approccio del capo, ma si è ritrovata, in compagnia degli altri candidati alle primarie abortite, con un pugno di mosche in mano. È certamente un peccato, peccato perché l'esercizio democratico avrebbe sicuramente garantito al Pdl una linfa di rinnovamento e anche, forse, un pò di pulizia di alcuni personaggi scomodi e ormai sgraditi all'elettorato pidiellino. Ma tantè. Ad oggi Berlusconi non può far altro che attendere la decisione di Mario Monti e continuare a sperare che decida (molto improbabile) la coalizione dei "moderati", altrimenti il grande capo sa, a prescindere dai sondaggi a lui tanto cari, che questa volta rischia davvero di vincere la sinistra, la tanto vituperata sinistra.
22.12.2012
Vito Stano