giovedì 19 maggio 2022

Riflessioni. In sogno, come in fotografia, emozioni costruite nei cantieri della mente

di Vito Stano

Benedetta campagna elettorale, che ci fa incontrare e salutare dopo lunghi periodi di relazioni magre, oltre che conoscere compaesani mai visti primi. Noi cittadini di Cassano delle Murge siamo fortunati, perché grazie al periodo elettorale possiamo affrancarci dalla triste vicenda quotidiana che sta riguardando l’Ucraina. 

A me però è capitato che l’altra notte ho fatto un sogno, un brutto sogno. Ho sognato di essere in un luogo pervaso dalla guerra. Ho provato 
emozioni reali, come nei sogni capita. E al risveglio ho preso la penna per non dimenticare quell’incredulità davanti alle facce intraviste nel buio di una stanza. Stanza il cui ingresso mi era precluso dallo sbarramento fisico di un compagno di battaglia, il quale dopo la mia insistenza s’è fatto da parte lasciandomi vedere e avvicinare ad un letto di fortuna sul quale dormiva, visibilmente sofferente mia figlia. Sorriso spento e grigia in viso, forse per la stanchezza o forse sofferente per una ferita subita. E d’un tratto mi riconosce e i suoi occhi di sempre prendono di nuovo vita e scatta come una molla abbracciandomi. 

Io la guerra, che sta distruggendo la vita di milioni di persone in Ucraina, evito di guardarla, perché sono stanco di saturarmi la vista e anche a causa della fervida immaginazione che m’accompagna, che unita ad una spiccata sensibilità alle sofferenze altrui, mi farebbe sentire troppi colpi, accrescendo quell’impotenza di fronte ai grandi disastri della Storia e della vita. In effetti avrò visto un tg e due-tre (al massimo) trasmissioni tv serali, più qualche video-commento sul canale youtube della rivista Limes e nonostante questa dieta dello sguardo, mi è bastato che la sera antecedente al sogno abbia ascoltato un fatto relativo all'accoglienza dei bambini ucraini nella mia cittadina murgiana (in perenne lotta elettorale) per soffrire in sogno una realtà così lontana. 

Io poi un fucile tra le mani non l’ho mai tenuto. Eppure in sogno ne stringevo uno tra le mani. Era bianco e tenendolo tra le mani mi sentivo inadeguato, chiedevo al mio compagno d’armi (questa volta riconoscevo in lui mio fratello gemello) consigli e ripetevo domande alle quali avevo già avuto risposte incomprese. Lui che ha fatto il servizio militare (al contrario mio) mi rassicurava stringendo tra le mani un fucile enorme di quelli alla rambo con catena di proiettili a tracolla. 

Il sogno, come la fotografia, non esistono nella realtà. Ma se la costruzione è efficace le emozioni che ne conseguono sono reali. Fanno ridere o fanno piangere come se fossimo in preda ad una dittatura delle emozioni, dalle quali si fatica a liberarsene al risveglio.

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